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Dopo i 35 anni l'età danneggia gli ovuli

Nel corso del 25° congresso dell'Eshre (European Society of Human Reproduction and Embryonology) che si è concluso nei giorni scorsi a Stoccolma e cui hanno parftecipato novemila esperti di 115 paesi, si è avuta conferma che gli ovuli delle donne in età avanzata, sottoposte a trattamenti farmacologici per la fertilità, hanno un rischio più alto di avere ovociti con alterazioni cromosomiche, e che il rischio si aggrava con l'aumentare dell'età.
La stimolazione ovarica, necessaria perché si liberi il maggior numero di ovociti, danneggia la mielosi che è il processo di duplicazione dei cromosomi; questo può portare ad alterazioni del materiale genetico e al fallimento della fecondazione in vitro, all'aborto o alla nascita di bambini con alterazioni del numero di cromosomi, come la sindrome di Down.
Il giornale Human Reproduction pubblicherà il nuovo studio, nato dalla collaborazione fra l'Università di Bonn e il Sismer (Società Italiana Studi di Medicina della Riproduzione) di Bologna, che ha studiato gli ovociti utilizzando la tecnica microarray Cgh (Comparative Genomic Hybridization).
Spiega il presidente di Eshre e presidente di Sismer, Luca Gianaroli: «Grazie a questa nuova tecnologia microarray si riescono ad analizzare anche da una sola cellula i frammenti di Dna e di conseguenza contare tutte le 23 paia di cromosomi. Analizzando i globuli polari, che sono i prodotti di scarto dell'uovo, prima della fecondazione e dopo l'ingresso dello spermatozoo, siamo riusciti a individuare le anomalie cromosomiche. Se rimuoviamo gli ovociti patologici, riduciamo il tempo che occorre per arrivare a una gravidanza, tenendo conto che comunque sopra i 35 anni oltre la metà degli ovociti è danneggiata e che dai 43 anni in poi la percentuale sale fino al 70%. Questo studio conferma dunque che l'età della donna influenza in modo severo la qualità degli ovociti. A settembre continueremo con uno studio prospettico randomizzato su centinaia di pazienti, che durerà un anno e mezzo e coinvolgerà altri cinque centri europei e Israele».
Il direttore del London Bridge Fertility, Gynaecology and Genetics Centre, Alan Handyside spiega l'altro obiettivo dello studio: «Vogliamo analizzare la diversa incidenza di questi errori a seconda del differente regime di stimolazione degli ovociti utilizzato, compreso un regime leggero e un ciclo naturale di Fivet, in cui è prelevato un singolo ovocita per ciclo, fertilizzato e poi ritrasferito nella donna. Il risultato delle nostre ricerche dovrebbe permetterci di identificare le migliori strategie cliniche per ridurre l'incidenza di errori cromosomici nelle donne più anziane che si sottopongono a Fivet».
Joep Geraedts, coordinatore del gruppo di esperti Eshre sugli screening genetici pre-impianto, precisa: «La possibilità di identificare le donne che vorrebbero utilizzare i propri ovociti ma non hanno possibilità di successo ci consentirebbe di indirizzarle verso l'ovodonazione».
L'ovodonazione è vietata in Italia ma la Corte Costituzionale dovrebbe pronunciarsi entro pochi mesi sul ricorso per incostituzionalità della legge 40 presentato dai tribunali di Milano, Firenze e Catania; inoltre, è imminente la sentenza della Grande Camera della Corte europea di Strasburgo sulla fecondazione eterologa e quindi sulla possibilità di donare di gameti femminili e maschili.

Fonte: repubblica.it, 5 luglio 2011

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