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Ancora troppi parti cesarei nel mondo. Una ricerca del Lancet

22 ottobre 2018 - The Lancet ha pubblicato una ricerca che ha fatto il punto sul ricorso al parto cesareo nel mondo. Tra il 2000 e il 2015 la percentuale di questi parti è passata dal 12% al 21%. La Repubblica Dominicana è la nazione in cui si registra l’incidenza più alta: 58,1%. 

(Reuters Health) – La percentuale di parti cesarei nel mondo è quasi raddoppiata tra il 2000 e il 2015, passando dal 12% al 21%, con una crescita del 3,7% all’anno. È quanto emerge da una ricerca pubblicata da The Lancet. Il lavoro ha riscontrato che il 60% dei Paesi fa un uso eccessivo di questo intervento chirurgico, mentre il 25% vi ricorre troppo poco.
 
I dati. In almeno 15 Paesi, oltre il 40% di tutti i bambini vengono fatti nascere con parto cesareo. Il tasso più elevato, del 58,1%, è stato registrato nella Repubblica Dominicana. Gli esperti stimano che tra il 10% e il 15% dei parti richiedano un cesareo a causa di complicazioni come sanguinamento, di stress fetale, ipertensione o posizione anomala del neonato.
 
“Il grande  aumento dei parti cesarei – soprattutto negli ambienti più ricchi per motivi non medici – preoccupa per i rischi che corrono donne e bambini”, dice Marleen Temmerman, esperta della Aga Khan University in Kenya e della Ghent University in Belgio, coautrice dello studio.

 

Il cesareo continua ad essere eccessivamente utilizzato in Nord America, Europa occidentale, America Latina e Caraibi, dove i tassi sono saliti del 2% all’anno tra il 2000 e il 2015, raggiungendo rispettivamente il 32%, il 27% e oltre il 44%.

Secondo gli autori dello studio è importante che le donne e i professionisti sanitari comprendano i “piccoli ma seri rischi” associati alla procedura e garantiscano il suo utilizzo solo in caso di necessità.

I parti cesarei hanno un decorso più complicato per la madre e portano alla cicatrizzazione dell’utero, associata a sanguinamento, sviluppo anomalo della placenta, gravidanza ectopica, parto pretermine e parto di neonato morto nelle successive gravidanze.

Fonte: The Lancet, online 2018
 
Kate Kelland
 
(Versione Italiana Quotidiano Sanità/Nutri&Previeni)

 

 

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