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Mortalità perinatale. In 1 caso su 4 il decesso in un ospedale non attrezzato per le emergenze. Più a rischio immigrate, gravidanze multiple e parti prematuri. Studio pilota dell’Iss in Sicilia, Lombardia e Toscana

24 gennaio 2020 - Presentati a Roma i risultati del progetto pilota SPItOSS durato tre anni. I dati rilevati sono in linea con quelli di Francia e Regno Unito e con i dati complessivi dell'Istat. Tra le 3 Regioni analizzate peggio la Sicilia con 4 morti ogni mille nati vivi, poi la Lombardia con 3,5 e infine la Toscana con 2,9. Obiettivo dello studio quello di raccogliere i dati necessari a identificare e monitorare il fenomeno per descriverne le cause e i fattori di rischio per migliorare la qualità dell’assistenza e contribuire a ridurre le morti perinatali evitabili.

Rimane ancora alto il numero di bambini morti prima di nascere o entro la prima settimana di vita e rispetto alla mortalità materna si tratta di un evento di gran lunga più frequente: 1800 morti perinatali contro 40 morti materne per anno. La cittadinanza straniera, la gravidanza multipla e il parto prima di 32 settimane di gestazione sono i fattori di rischio principali. Una morte su cinque è riconducibile ad eventi acuti intrapartum. Disturbi respiratori e cardiovascolari del neonato, infezioni e malformazioni congenite sono le cause più frequenti delle morti neonatali entro i primi 7 giorni di vita.
 
Sono questi i primi risultati del progetto SPItOSS diffusi il 23 gennaio scorso a Roma nell’ambito del convegno “SPItOSS: risultati e valutazione di fattibilità di un progetto pilota di sorveglianza della mortalità perinatale in Italia” organizzato all’Iss. Il Progetto, che si è concluso dopo tre anni di lavoro e ha coinvolto tre regioni, Lombardia, Toscana e Sicilia, è stato coordinato dall’Istituto superiore di sanità e finanziato dal Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ccm) del Ministero della salute.
 
Lo studio rileva poi che le donne con gravidanza a rischio partoriscono ancora troppo spesso in ospedali non attrezzati per fronteggiare eventuali complicazioni materne o neonatali: il 25% delle morti perinatali è avvenuto in presidi di I livello, non attrezzati per rispondere alle emergenze. Anche la rete del trasporto neonatale in emergenza è risultata a volte inadeguata, in particolar modo nella regione siciliana.
 
Ci sono infine criticità sul fronte dell’appropriatezza della gestione di diabete e ipertensione in gravidanza e dello screening dei difetti di accrescimento fetale, ma anche una mancata sorveglianza dei neonati ricoverati in regime di rooming-in e di informazione delle madri ricoverate sui segnali di allarme per i quali occorre chiedere assistenza.
 
“Questa sorveglianza pilota – dice Serena Donati, direttore del Reparto Salute della Donna e dell’Età Evolutiva e responsabile scientifico del progetto – è nata con l’obiettivo di raccogliere i dati necessari a identificare e monitorare i casi di morte perinatale e per descriverne le cause e i fattori di rischio al fine di migliorare la qualità dell’assistenza alla madre e al neonato e contribuire a ridurre le morti perinatali evitabili”.
 
I dati raccolti dal 2017 al 2019 hanno confermato il tasso di mortalità perinatale prodotto dall’Istat, pari a circa 4 decessi ogni mille nati, valore che ci colloca in linea con Paesi, come la Francia e il Regno Unito, che hanno sistemi socio-sanitari analoghi al nostro. Ma i dati evidenziano una variabilità per area geografica che penalizza il Sud del Paese. I dati dell’ultimo rapporto Istat, lo ricordiamo, consegnano infatti un’Italia divisa in due con lo svantaggio del Mezzogiorno rispetto al Nord. Nel 2016, a fronte di una media italiana del 4,2% di nati morti e morti a meno di una settimana per mille nati, il Nord Ovest e il Nord Est avevano rispettivamente percentuali del 4,1 e 3,1, il Centro del 4,3, il Sud del 4,5 e le Isole del 5,5. Un bambino nato nel Mezzogiorno aveva una percentuale di rischio di morire nel primo anno di vita del 22% in più rispetto a uno nato nel Nord.
 
Ritornando al progetto SPItOSS, le morti avvenute durante il travaglio e il parto, in oltre la metà dei casi, sono attribuibili a eventi acuti come il distacco della placenta. Tra le morti avvenute dopo la nascita una su cinque è riconducibile ad analoghi eventi acuti intrapartum, ma le cause più frequenti delle morti neonatali entro i primi 7 giorni di vita sono i disturbi respiratori e cardiovascolari del neonato seguiti, per frequenza, dalle infezioni e dalle malformazioni congenite.

Come funziona il sistema di sorveglianza. Nelle tre regioni che hanno partecipato al progetto pilota - Lombardia, Toscana e Sicilia - è stata costruita una rete di referenti che ha coinvolto tutti i presidi sanitari dove nascono o vengono assistiti i neonati in modo da garantire la segnalazione di ogni nuovo caso di morte perinatale. La quasi totalità dei decessi segnalati al sistema di sorveglianza sono stati sottoposti a una procedura di audit all’interno dei presidi, coinvolgendo tutti i professionisti sanitari.

A livello nazionale e regionale sono stati istituiti dei comitati multidisciplinari di esperti indipendenti che hanno revisionato una parte dei casi passando in rassegna l’intera documentazione clinica disponibile mediante indagini confidenziali, al fine di attribuire la causa di morte e valutare la loro evitabilità. L’Iss, oltre a coordinare l’intera rete della sorveglianza, ha provveduto a predisporre e condividere i protocolli e i materiali di lavoro, ha adottato il sistema di classificazione delle cause di morte ICD-PM raccomandato dall’Oms, ha curato la formazione dei professionisti sanitari coinvolti nel progetto e ha eseguito l’analisi statistica dei dati.

Le caratteristiche organizzative dei presidi sanitari partecipanti alla sorveglianza. La sorveglianza ha raccolto informazioni relative alle caratteristiche dei 138 presidi sanitari dotati di unità di ostetricia, neonatologia o terapia intensiva neonatale nelle tre Regioni partecipanti. Il volume di parti assistiti per punto nascita varia per Regione, ma tutti i presidi rispettano gli standard di qualità e sicurezza richiesti dal Ministero della Salute tra cui la presenza continua di un ginecologo, un pediatra/neonatologo, un anestesista e un’ostetrica.
 
La percentuale di punti nascita coinvolti nella sorveglianza che riferiscono di praticare oltre il 35% di tagli cesarei, cioè oltre il valore medio nazionale, è decisamente più alta nella regione Sicilia (69%) rispetto alla Toscana (13%) e alla Lombardia (10%). La principale criticità evidenziata a carico della rete dei presidi coinvolti riguarda il percorso assistenziale offerto alle donne con gravidanza a rischio che risultano partorire ancora troppo spesso in ospedali non attrezzati per fronteggiare eventuali complicazioni materne o neonatali.

Un esempio riguarda il parto estremamente pretermine - prima di 32 settimane di gestazione - che dovrebbe essere assistito esclusivamente in ospedali di II livello in grado di fronteggiare eventuali complicazioni neonatali mentre, nel 25% delle morti perinatali segnalate risulta assistito in presidi di I livello. Indirizzare le donne con gravidanza a rischio al livello assistenziale appropriato rimane pertanto una criticità bisognosa di attenzione. La rete del trasporto neonatale in emergenza è risultata talora inadeguata, in particolar modo nella regione Siciliana.

Gli esami anatomopatologici in casi di morte perinatale. Le autopsie e gli esami della placenta in caso di morte perinatale vengono richiesti meno spesso in Sicilia rispetto a Toscana e Lombardia. Per promuovere la richiesta degli esami anatomopatologici potrebbe essere utile una migliore informazione sugli aspetti normativi rivolta ai clinici e un appropriato counselling offerto a tutti i genitori che si trovano ad affrontare l’esperienza di un lutto perinatale.  “Ai genitori va sempre offerto un colloquio in un momento adatto e da parte di professionisti con competenze comunicative e relazionali – sottolinea Donati – per informarli che l’autopsia talvolta è l’unica opportunità per accertare o escludere un eventuale rischio di ricorrenza in successive gravidanze”.
 
Criticità assistenziali ed evitabilità delle morti perinatali. I comitati di esperti che hanno eseguito le indagini confidenziali a livello regionale e nazionale, oltre ad attribuire le cause dei decessi hanno anche valutato la loro evitabilità che è risultata pari a zero in Toscana, 11% in Lombardia e 38% in Sicilia. In questa regione sono state evidenziate più frequentemente criticità suscettibili di miglioramento sia nella qualità che nell’organizzazione dell’assistenza ostetrica e neonatale.
 
L’appropriatezza della gestione di diabete e ipertensione in gravidanza e dello screening dei difetti di accrescimento fetale insieme alle indicazioni all’induzione del travaglio e al taglio cesareo sono tra le principali criticità di pertinenza ostetrica. La qualità dell’assistenza rianimatoria neonatale, ma anche la mancata sorveglianza dei neonati ricoverati in regime di rooming-in e la mancata informazione delle madri ricoverate circa i segnali di allarme per i quali occorre chiedere assistenza per il neonato sono alcune delle criticità segnalate in ambito neonatale.
 
Ester Maragò

 

 

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