Associazione dei Ginecologi Italiani:
ospedalieri, del territorio e liberi professionisti

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A che servono i medici

di Carlo Maria Stigliano

Quando l’emergenza coronavirus sarà finita, sicuramente l’Italia e gli Italiani saranno un poco cambiati. Sarà probabilmente cambiato anche il loro rapporto con i medici ed il personale sanitario in genere: oggi sono considerati angeli che con i loro sacrifici, con la loro dedizione, con l’accettazione di rischi pesanti per loro e per i loro congiunti hanno affrontato -a volte con strumenti  inadeguati o insufficienti- un nemico insidioso e pericoloso.

Ma solo fino a qualche settimana addietro questo amore, questa considerazione per il difficile lavoro dei medici veniva riconosciuto? Purtroppo l’opinione di molti nostri concittadini era molto critica nei nostri confronti; da alcuni venivamo considerati veniali e venduti alle multinazionali del farmaco; ogni risultato imperfetto, ogni accidente veniva classificato come ‘malasanità’ e addebitato a noi medici. Le denunce per presunti errori in medicina erano all’ordine del giorno e i pazienti guardavano con diffidenza l’operato dei sanitari. Che fine hanno fatto i giudizi sui ginecologi accusati di causare danni o addirittura morti in sala parto per presunta superficialità, per incompetenza o peggio per scarsa professionalità? E gli studi legali che garantivano cospicui risarcimenti per presunti danni da errori medici stanno ancora preparando insidiose e malevole cause contro i medici?

Oggi veniamo applauditi, coccolati, apprezzati anche dai media: sono lontanissimi i tempi del “mostro in prima pagina”, del medico colpevole “a prescindere”.

Quando tutto sarà finalmente finito, ci si ricorderà dei medici che non smontavano dai turni per giorni e settimane per curare a rischio della propria vita i malati di coronavirus e prestare cure a tutti gli altri che avevano bisogno, alle donne che dovevano partorire pur in queste condizioni? Il pensiero ritornerà riconoscente a quei colleghi che hanno addirittura perso la vita per fare quello che consideravano il loro dovere, al di là di ogni ragionevole impegno contrattuale?

E i magistrati guarderanno con comprensione i nostri colleghi da giudicare, consapevoli finalmente delle difficoltà di una professione che non è fatta di scelte frutto di algoritmi matematici ma che in realtà richiede decisioni a volte difficili ma comunque immediate e purtroppo inevitabilmente non sempre perfette?

Un’altra cosa: di fronte al dilagare della pandemia tutti, ma proprio tutti, invocano un vaccino contro il corona virus. Ma quando sarà eventualmente realizzato siamo certi che tutti, ma proprio tutti, saranno d’accordo per la vaccinazione? E i famosi no vax che diranno? Grideranno contro le multinazionali farmaceutiche che speculano sulla pelle delle persone imponendo un vaccino che non è necessario? E le anime belle nostrane, certi presunti paladini dei consumatori, denunceranno ancora gli uomini di scienza adombrando inesistenti  sospetti sul loro spendersi per la vaccinazione?

E certi politici acqua e sapone tratteranno ancora gli esperti e gli scienziati come degli inutili e fastidiosi rappresentanti di un mondo fatuo in nome del tanto uno vale uno e tutti sono esperti?

Siamo sicuri che l’attenzione oggi riservata con tanto rispetto ai virologi, ai microbiologi, agli epidemiologi, ai medici in generale, continuerà anche dopo la fine dell’emergenza pandemica? O tutto finirà nel dimenticatoio?

Oggi non è tempo di polemiche ma di unità di intenti e di azioni concrete e condivise da parte di istituzioni e cittadini; ma certo qualche riflessione andava fatta e soprattutto andrà ricordata per rendere il rapporto tra cittadinanza e classe medica più sereno e collaborativo.

Oggi intanto e purtroppo, per dirla con il poeta, “si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”. Ha da passà a nuttata. Ce la faremo!

 

 

 

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