Associazione dei Ginecologi Italiani:
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Scheda pratica

Con la consulenza della Dr.ssa Francesca Rosso

 

Qual è il periodo di maggiore richiesta di ferro?

  • Di norma la richiesta di ferro durante la gravidanza aumenta verso il terzo trimestre;
  • Può comparire prima nelle donne che sono già anemiche all'inizio della gravidanza, in coloro che hanno un'alimentazione inadeguata o condizioni socio-economiche disagiate;
  • Anche nelle donne che affrontano una gravidanza multipla, il rischio di anemia è più precoce, perché in tal caso il fabbisogno di ferro raddoppia o triplica a seconda del numero dei feti che la donna porta in grembo;
  • I livelli più bassi di emoglobina (la proteina dove si trova il ferro) che si riscontrano nell'ultima parte della gravidanza non preoccupano fintantoché non scendono a valori sotto i 10,5 g/dl.

 

Perché in gravidanza l'anemia peggiora?
I motivi sono diversi.

  • Innazitutto si verifica un aumento della volemia ovvero del volume del plasma. Il plasma è la parte del sangue in cui sono diluiti i globuli rossi. Durante la gravidanza la quantità di plasma aumenta molto più rapidamente rispetto alla produzione di globuli rossi da parte del midollo osseo; si verifica di conseguenza un'emodiluizione ovvero un aumento della parte liquida rispetto a quella cellulare che contiene ferro.
  • In gravidanza poi il fabbisogno di ferro raddoppia o in alcuni casi addirittura triplica: questo aumento serve a costruire nuovi globuli rossi per la madre (indispensabili per il trasporto di ossigeno ai tessuti in crescita) m non solo: ottimizza anche il lavoro di tutti quegli enzimi coinvolti nell'incessante attività cellulare materna e di crescita fetale.

 

Come si può arrivare in condizioni ottimali alla gravidanza?
Il primo consiglio pratico è quello di:

  • correggere l'anemia prima di rimanere incinta, con una diagnosi accurata sulle cause e identificando con il proprio ginecologo una cura personalizzata cioè adatta alle proprie esigenze.

E' importante, inoltre:

  • seguire un'alimentazione ricca di alimenti che contengano ferro (rosso d'uovo, carne rossa, spinaci, frutta secca …);
  • in caso di celiachia, eliminare il glutine dalla dieta;
  • curare le irregolarità del ciclo mestruali, quando presenti;
  • fare attenzione alla salute delle gengive (senza accorgersi si possono avere delle piccole perdite di sangue che a lungo andare possono essere significative);
  • prevenire le emorroidi che tra l'altro tendono a peggiorare durante la gravidanza.

E' fondamentale infine seguire scrupolosamente la terapia indicata dal proprio ginecologo o dal proprio medico curante.

 

Gli integratori possono essere utili?
A questo proposito è importante chiarire bene una cosa ovvero che gli integratori non possono curare l'anemia in quanto per legge non possono contenere dosaggi terapeutici, cioè non contengono dosaggi di ferro sufficienti per espletare un'azione curativa. Essi servono solo – come il nome stesso esprime – ad integrare la normale dieta e quindi sono indicati nei casi di lieve sbilanciamento della dieta ma non servono a correggere un eventuale deficit di ferro.

 

Qual è allora la cura più indicata per la carenza di ferro in gravidanza?
Quando la dieta e l'integrazione non sono sufficienti è utile la terapia orale con farmaci a base di ferro. I farmaci possono contenere ferro elementare (cioè quello più disponibile per l'assorbimento da parte del nostro organismo) in forma ferrica o ferrosa. I sali ferrosi sono quelli attualmente più utilizzati poiché hanno dimostrato un migliore assorbimento attraverso la mucosa intestinale, una migliore tollerabilità e una più alta accettazione da parte della donna, caratteristiche che aiutano ad aderire meglio alla terapia nel tempo, un aspetto fondamentale per raggiungere il successo della cura.

 

Qual è la dose di terapia con ferro consigliata in gravidanza?
Secondo le raccomandazioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità la dose terapeutica giornaliera per la cura dell'anemia da deficienza di ferro nell'adulto varia da 60 mg a 120 mg di ferro ferroso (in relazione alla gravità dell'anemia), quantità che nelle donne in gravidanza può venire aumentata in base alle esigenze individuali di forte dispendio e fabbisogno di ferro.

 

La terapia a base di ferro va assunta lontano dai pasti?
Effettivamente è meglio assumerla lontano dai pasti come vi consiglierà il vostro medico, se non dà problemi gastrici o intestinali, poiché i sali di ferro vengono assorbiti in minore quantità se legati agli alimenti. Inoltre è da ricordare che il ferro elementare contenuto nei farmaci per via orale viene meglio assorbito in ambiente acido pertanto se ne sconsiglia l'assunzione insieme a bevande come caffè, tè, latte, o alimenti ricchi di fibre come i cereali e l'associazione a terapie antiacide o antibiotiche che rendono l'ambiente più basico.

 

Ci sono preparati di ferro più gradevoli di altri da assumere?
I preparati a lento rilascio sono quelli che attualmente riscuotono maggiore gradimento da parte delle donne, anche in gravidanza. Consentono la liberazione del ferro più lentamente durante il transito intestinale del prodotto e questo determina una minore sensazione di pesantezza. Con questa modalità di somministrazione vengono migliorati sia l'assorbimento del ferro sia la tollerabilità del farmaco.
Alcuni studi hanno infatti evidenziato che la quota di minerale assorbita è più alta quando c'è meno ferro nell'intestino, condizione che consente una maggiore protezione gastrointestinale con minori effetti indesiderati.

 

Come si possono alleviare eventuali disturbi dell'assunzione di ferro?
Alcune volte, in particolare in gravidanza, la terapia orale con il ferro può essere limitata dall'insorgenza di effetti indesiderati come bruciore di stomaco, sensazione di nausea, dolorini o pesantezza addominale, costipazione, feci scure … come fare ad attenuarli? Un consiglio pratico efficace è quello di iniziare il trattamento con piccole dosi da aumentare progressivamente man mano che l'organismo si adegua alla cura fino a raggiungere il dosaggio adeguato che poi può essere continuato magari frammentandolo in più somministrazioni nel corso della giornata.

 

La ricerca si sta muovendo per elaborare farmaci più tollerabili che favoriscano l'assunzione di ferro anche per periodi protratti nel tempo?
In effetti si. E' recente la disponibilità anche in Italia di un farmaco a base di solfato ferroso unito a un innovativo complesso polimerico che consente di ottenere la stessa efficacia della terapia con un dosaggio di ferro più basso e quindi un maggior benessere della futura mamma che grazie a una migliore tollerabilità sarà più invogliata ad aderire pienamente alla terapia, condizione indispensabile per il suo successo.
Ulteriori ricerche non sembrano dimostrare ad oggi un significativo vantaggio dell'aggiunta di vitamina C, B12 o di folato al ferro in termini di migliore assorbimento del minerale o di migliore tollerabilità della terapia.

 

Per quanto va protratta la cura affinché sia efficace?
Secondo le raccomandazioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità e di altri organismi di riferimento la terapia con il ferro va protratta almeno per 3-6 mesi della gravidanza in base alla gravità della carenza. Una volta che i livelli di emoglobina si siano normalizzati (con conferma di laboratorio) la terapia dovrebbe essere continuata per almeno altri 2-3 mesi per ripristinare i depositi di ferro dell'organismo materno. A questo proposito voglio sottolineare che la creazione di questi depositi è individuale e può richiedere anche molti mesi dopo il parto; un fattore essenziale che potrà fare la differenza è costituito proprio dalla costanza della donna nell'assumere la terapia secondo le indicazioni ricevute dal proprio medico. Assumere ferro non è come prendere una pillola per il mal di testa in cui l'effetto è visibile subito: occorre lasciare il tempo al proprio organismo di riorganizzare le proprie scorte di minerale sia con la terapia che con una dieta adeguata.



[Milano, marzo 2013]

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