10 ottobre – Il nuovo rapporto dell’Ocse “Mental Health Promotion and Prevention” mostra che il 20% degli adulti nei Paesi UE e Ocse soffre di sintomi lievi o moderati di depressione o ansia, ma oltre due terzi non riceve assistenza adeguata. Le donne e i giovani restano i più vulnerabili, mentre il costo economico della salute mentale supera il 4% del PIL. In Italia persistono disuguaglianze territoriali, carenza di psicologi e bassa spesa in prevenzione. IL RAPPORTO
Un adulto su cinque in Europa manifesta sintomi di depressione o ansia, ma solo una minoranza riceve un trattamento adeguato. È il quadro allarmante che emerge dal nuovo rapporto dell’Ocse “Mental Health Promotion and Prevention” (2025), realizzato con il contributo della Commissione europea. Lo studio mostra come la salute mentale sia oggi una delle principali sfide di sanità pubblica, con effetti profondi sul benessere, sulla produttività e sull’economia.
Secondo l’analisi, oltre due terzi delle persone che necessitano di assistenza non accedono ai servizi di salute mentale, spesso per barriere economiche, tempi di attesa e stigma. Le conseguenze si riflettono in perdita di produttività, esclusione sociale e costi complessivi che superano il 4% del PIL nei Paesi UE.
Il rapporto sottolinea inoltre che il 75% dei disturbi mentali dell’adulto inizia prima dei 25 anni, con un picco nell’adolescenza e nella maternità. Le donne riportano tassi di depressione moderata o severa superiori del 62% rispetto agli uomini, mentre questi ultimi registrano tassi di suicidio fino a sette volte più alti.
Focus sull’Italia Per l’Italia, l’OCSE segnala una diffusione significativa dei sintomi depressivi e ansiosi e un trattamento ancora insufficiente, in linea con la media europea. I dati indicano che il Paese dispone di 3,5 psicologi ogni 1.000 abitanti e spende circa 0,6% del PIL in prevenzione — valori inferiori rispetto ai Paesi nordici o centro-europei.
L’Italia è inoltre tra i Paesi con scarsa integrazione delle tecnologie digitali nella salute mentale e assenza di un piano strategico nazionale aggiornato (è in arrivo il nuovo Piano nazionale ndr.) per la promozione del benessere psicologico.
Un trend confermato dall’Iss. Dalla fotografia, relativa al biennio 2023-2024, scattata dalle sorveglianze Passi e Passi d’Argento dell’Iss emerge che poco più del 6% degli adulti e circa il 9% degli over 65 riferiscono sintomi depressivi e percepiscono compromesso il proprio benessere psicologico per più della metà dei giorni del mese. I sintomi depressivi aumentano significativamente tra chi vive in condizioni di disagio economico, raggiungendo rispettivamente il 18% e il 25% tra chi dichiara di avere molte difficoltà ad arrivare a fine mese.
I sintomi depressivi
I sintomi depressivi sono generalmente più frequenti con l’avanzare dell’età, fra le donne (7%), fra le persone socialmente più svantaggiate, per difficoltà economiche (18%), precarietà lavorativa (8%) o bassa istruzione (11%), fra chi vive da solo (7%) e fra chi è affetto da patologia cronica (11%).
Solo il 65% degli intervistati che riferiscono sintomi depressivi ricorrono all’aiuto di qualcuno, rivolgendosi soprattutto a medici/operatori sanitari.
La variabilità regionale non descrive un chiaro gradiente geografico. Nelle Regioni del Sud la prevalenza di persone che riportano sintomi depressivi si è ridotta in modo costante dal 2008 al 2024, mentre nel Nord, dove si partiva da livelli analoghi a quelli registrati nel Sud la discesa si interrompe nel 2016 e il dato di prevalenza rimane stabile negli anni successivi; nel Centro, dove nel 2008 si registravano livelli più elevati del Paese, la riduzione è stata inizialmente veloce raggiungendo valori analoghi al resto d’Italia ma poi si arresta e il trend si inverte nel 2018 aumentando fino al 2024.
Over 65 
Nel biennio 2023-2024 si stima che 9 ultra 65enni su 100 soffrono di sintomi depressivi e percepiscono compromesso il proprio benessere psicologico per una media di 17 giorni nel mese precedente l’intervista (Qui i dati completi).
I sintomi depressivi sono più frequenti all’avanzare dell’età (raggiungono il 13% dopo gli 85 anni), nella popolazione femminile (12% vs 5% negli uomini), tra le classi socialmente più svantaggiate per difficoltà economiche (25% in chi riferisce molte difficoltà economiche vs 6% di chi non ne riferisce) o per bassa istruzione (12% fra coloro che hanno al più la licenza elementare vs 5% fra i laureati), tra chi vive solo (11%) e fra le persone con diagnosi di patologia cronica (17% in chi riferisce due o più patologie croniche vs 5% di chi non ne ha).
Una discreta quota di persone con sintomi depressivi (23%) non chiede aiuto, chi lo fa si rivolge nel 26% dei casi solo ai propri familiari/amici, nel 13% solo o a un medico/operatore sanitario e nella maggior parte dei casi (37%) a entrambi, medici e persone care.
La prevalenza di sintomi depressivi descrive un trend in riduzione significativo dal 2016 al 2024, in tutte le classi di età, anche fra quelle a maggior prevalenza (dal 13.2% al 7.3% fra i 65-74enni, dal 18.3% al 9.7% fra i 75-84enni e persino fra gli over85 dal 22.3% al 12.5%).