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Il Cnel fotografa un Ssn a due velocità: solo il 48% dei cittadini è soddisfatto

17 ottobre – La Relazione annuale del Cnel rivela un Ssn in chiaroscuro: la soddisfazione dei cittadini è ferma al 48%, ultima in Europa, nonostante un generale miglioramento degli indicatori di salute. Il rapporto denuncia disuguaglianze territoriali e sociali profonde, con un divario di due anni di aspettativa di vita tra Nord e Sud. Se da un lato il Pnrr sta trainando l’innovazione digitale, dall’altro permangono criticità strutturali nell’accesso alle cure e nella prevenzione. LA RELAZIONE

Un quadro complesso e per certi versi critico del Sistema sanitario nazionale, con un livello di soddisfazione dei cittadini fermo al 48%, ben al di sotto della media Ocse (52%) e lontano dai migliori performer europei come Belgio, Svizzera e Lussemburgo, dove la soddisfazione sfiora l’80%. Un dato, rilevato nel 2023, che colloca l’Italia al ventunesimo posto su trenta Paesi esaminati, ultima tra le grandi nazioni europee.

A tratteggiarlo la Relazione annuale del Cnel sui servizi pubblici 2025.  Il documento, inviato al Parlamento e al Governo, sottolinea come, nonostante i progressi nella digitalizzazione spinta dal Pnrr, permangano “rilevanti discrepanze tra regioni e territori subregionali, sia in termini quantitativi che qualitativi”. Si registrano, infatti, “marcate disuguaglianze territoriali, di genere e socioeconomiche” che denotano come “non tutti i cittadini abbiano uguale accesso alla prevenzione e alla cura”.

Secondo il Cnel, la salute degli italiani mostra segnali di ripresa dopo gli anni difficili della pandemia: nel 2024 la speranza di vita è tornata a crescere, raggiungendo 81,4 anni per gli uomini e 85,5 per le donne, valori superiori al periodo pre-Covid. Migliorano anche la mortalità per tumori, le condizioni di vita di persone con disabilità e anziani cronici, e gli indicatori di salute mentale giovanile, in controtendenza rispetto al calo osservato negli anni post-pandemici.

Tuttavia le disuguaglianze territoriali e sociali restano, appunto, le principali criticità. Il Cnel segnala come l’accesso alle cure, la tempestività e la qualità dell’assistenza sanitaria siano ancora profondamente diseguali tra Nord e Sud, tra aree urbane e interne, e tra cittadini con differenti livelli di istruzione e reddito. In Campania, ad esempio, la speranza di vita è inferiore di due anni rispetto alle regioni del Centro-Nord. Le persone meno istruite hanno un rischio di morte superiore fino al 35% tra gli uomini e al 24% tra le donne, con forti differenziali per malattie cardiovascolari, respiratorie e croniche.

Il documento denuncia anche i ritardi nell’attuazione di politiche di prevenzione primaria e nel rafforzamento della sanità territoriale, fondamentali per ridurre la mortalità evitabile e garantire l’equità di accesso. Solo nove Regioni – tra cui Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana e Abruzzo – superano il “test di resilienza” sulla sostenibilità sanitaria a medio termine.

Anche sul fronte della percezione dei cittadini, la soddisfazione per i servizi sanitari varia in modo marcato: secondo una rilevazione del Crea Sanità citata dal Cnel, i punteggi oscillano da 8,3 in Trentino-Alto Adige a 6,5 in Puglia e Basilicata, con un valore mediano di 7,1. La qualità della vita legata alla salute conferma la stessa geografia: si passa da 0,938 QALY nelle regioni alpine a 0,840 in Umbria.

Sul fronte dell’innovazione, la Relazione riconosce i significativi passi avanti compiuti. Il 2024 ha visto l’attuazione della Riforma del Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0 (Fse), con l’obiettivo di una piena interoperabilità nazionale attraverso l’Infrastruttura Nazionale per l’Interoperabilità (Ini) e il Sistema di Intercambio dei Tracciati (Sit). I dati sull’utilizzo del Fse mostrano un’adozione massiccia da parte dei medici (95%) e delle aziende sanitarie (70%), mentre solo il 18% dei cittadini risulta utilizzarlo attivamente, segno di un divario da colmare in termini di alfabetizzazione digitale e fiducia.

Tuttavia, il finanziamento pubblico del sistema rimane inadeguato. La quota di spesa sanitaria pubblica in Italia si attesta al 74%, contro una media europea del 77,3%. Di conseguenza, le famiglie italiane sono sempre più costrette a ricorrere al privato: la **spesa sanitaria privata ha raggiunto i 42,6 miliardi di euro annui, pari al 25% del totale della spesa sanitaria nazionale.

La Missione 6 “Salute” del Pnrr è stata un volano per la digitalizzazione del settore, con un significativo investimento nella formazione del personale. La piattaforma “Syllabus” del Dipartimento della Funzione Pubblica ha erogato corsi di aggiornamento sulle competenze digitali a centinaia di migliaia di dipendenti pubblici, mentre la Scuola Nazionale dell’Amministrazione (Sna) ha ampliato la sua offerta formativa includendo l’Intelligenza Artificiale.

La Relazione dedica un focus anche alla situazione del personale sanitario. Il comparto Sanità, che conta circa 580.000 addetti, ha concluso una trattativa contrattuale particolarmente complessa, caratterizzata da “maggior conflittualità”. Il nuovo contratto, oltre a riconoscere aumenti stipendiai medi del 7%, introduce misure specifiche per far fronte alle criticità, come un “rilevante incremento delle indennità per il personale di pronto soccorso” (circa 360 euro mensili in più) e “aumenti superiori al 20% delle indennità professionali per infermieri e personale sanitario”. Sono state previste anche misure di supporto, come il “patrocinio legale e il supporto psicologico gratuiti per il personale che subisce aggressioni”, fenomeno in preoccupante crescita.

Un’attenzione particolare è dedicata anche al rapporto tra sport, salute e inclusione. Il Cnel sottolinea la necessità di integrare la pratica sportiva nei Livelli essenziali di assistenza (Lea) e nella legislazione sul welfare, riconoscendone il ruolo nella prevenzione, cura e riabilitazione. Tuttavia, persistono forti disuguaglianze di accesso e mancano ancora coordinamento istituzionale, formazione adeguata e sistemi di monitoraggio.

In conclusione, il Cnel invita a non cambiare la direzione intrapresa, ma ad “accelerare il passo”, assicurando “adeguati livelli di spesa corrente agli enti che hanno investito di più con le risorse del Pnrr”. La sfida è tradurre gli investimenti in innovazione e formazione in un miglioramento tangibile e uniforme dei servizi su tutto il territorio nazionale, per colmare divari di cittadinanza ancora troppo ampi e garantire il diritto alla salute per tutti.