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Contraccezione in puerperio: una consulenza di qualità migliora l'adesione. Lo studio dell'UCL chiama in causa il ruolo dei ginecologi

18 luglio - Uno studio condotto dall’University College di Londra pubblicato sul British Journal of Obstetrics and Gynaecology evidenzia come oltre la metà delle donne non utilizzi metodi contraccettivi entro due mesi dal parto. La soddisfazione per i consigli ricevuti è determinante per l’adozione precoce della contraccezione. Un invito alla professione ginecologica a fare della consulenza personalizzata un pilastro dell’assistenza postnatale.


Offrire una consulenza contraccettiva personalizzata e di qualità durante e subito dopo la gravidanza può fare la differenza tra una scelta consapevole e un rischio evitabile.

È questo il messaggio chiave che arriva dallo studio condotto dall’University College di Londra (UCL) in collaborazione con la London School of Hygiene & Tropical Medicine, e pubblicato sul British Journal of Obstetrics and Gynaecology.

 I dati dimostrano che più della metà delle donne (58%) che hanno partorito non inizia a utilizzare metodi contraccettivi entro i due mesi successivi alla nascita del bambino, nonostante l’evidenza che la fertilità possa tornare già tre settimane dopo il parto.

Ginecologi e counselling contraccettivo: una chiamata all’azione
Secondo i ricercatori, la consulenza contraccettiva non può ridursi a un atto formale o burocratico. Deve essere un momento autentico di ascolto, confronto e orientamento, capace di rispondere ai dubbi e ai bisogni della donna. Il dato più significativo emerso dallo studio, basato sulle risposte di 2.073 donne inglesi che avevano partorito nell’ultimo anno, riguarda proprio l’associazione tra soddisfazione per il counselling ricevuto e tempestività nell’adozione della contraccezione: chi ha ricevuto un consiglio di qualità, efficace e centrato sulla propria esperienza, ha più facilmente avviato un percorso contraccettivo nei tempi raccomandati.

Un rischio clinico sottovalutato
Il team dell’UCL, guidato dalle ricercatrici Neha Pathak e Catherine Stewart, richiama l’attenzione su un punto spesso trascurato nella pratica clinica: l’intervallo tra le gravidanze. Una distanza inferiore ai 18 mesi tra una nascita e il concepimento successivo è associata a un aumentato rischio di parto prematuro, basso peso alla nascita e mortalità perinatale. Una contraccezione efficace e tempestiva diventa quindi uno strumento di prevenzione clinica per madre e neonato, oltre che un diritto riproduttivo.

Quando e come intervenire?
Il momento classico per affrontare il tema della contraccezione è la visita postnatale, prevista tra la sesta e l’ottava settimana dopo il parto. Tuttavia, già entro i primi 21 giorni può ripresentarsi l’ovulazione. In molti casi i rapporti sessuali riprendono ben prima del controllo ginecologico, e dunque è strategico anticipare il colloquio contraccettivo già durante la gravidanza o nel corso della degenza post-parto.

Ginecologi in prima linea nella contraccezione postnatale
Il ruolo della professione ginecologica, sia ospedaliera che territoriale, è cruciale. Come sottolinea la Facoltà britannica di Salute Sessuale e Riproduttiva, il counselling contraccettivo deve far parte integrante dell’assistenza alla maternità, senza eccezioni. Non si tratta solo di fornire informazioni, ma di costruire un dialogo competente e rispettoso delle preferenze e della storia personale della paziente.

Una questione anche di equità
Il sondaggio ha evidenziato anche un’interazione tra condizioni socioeconomiche e qualità dell’assistenza ricevuta. Le variabili analizzate includevano stato occupazionale, livello d’istruzione, condizione finanziaria e stato civile. Ciò suggerisce che una buona assistenza contraccettiva deve anche contrastare disuguaglianze nell’accesso e nella qualità del servizio, garantendo a tutte le donne - indipendentemente dal contesto - gli stessi standard di cura.

 

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