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Stati Uniti. Svolta sul vaccino per l’epatite B: stop obbligo alla nascita se la madre risulta negativa

12 dicembre – Revocata la raccomandazione universale per la prima dose di vaccino contro l’epatite B alla nascita per i figli di madri negative al virus, sostituendola con una decisione clinica condivisa tra genitori e medico.

Una decisione storica e controversa che cambia una prassi sanitaria in vigore da decenni. Il comitato consultivo per le pratiche di immunizzazione (Acip) dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) statunitensi ha votato per raccomandare una scelta individuale e ponderata sulla somministrazione del vaccino contro l’epatite B, compresa la prima dose alla nascita, ai neonati figli di donne risultate negative al virus.

Il voto, passato con 8 favorevoli e 3 contrari, segna un allontanamento dalla precedente raccomandazione universale per la dose alla nascita (birth dose) e introduce il principio della “decisione clinica condivisa” (shared clinical decision-making). In pratica, per i neonati da madri HBsAg-negative, non ci sarà più un automatismo. Saranno i genitori, in consultazione con il pediatra o il medico di famiglia, a valutare rischi e benefici del vaccino, decidendo se e quando iniziare il ciclo, considerando fattori di rischio familiari e ambientali.

La raccomandazione specifica che, per i bambini che non ricevono la dose alla nascita, la prima somministrazione possa avvenire non prima dei due mesi di età. Inoltre, Acip suggerisce che, per valutare la necessità di dosi successive, i genitori possano consultarsi con il medico per decidere se eseguire un test sierologico che misuri i livelli di anticorpi del bambino e verifichi l’adeguatezza della protezione.

La decisione, maturata dopo due giorni di presentazioni di dati scientifici, si basa su un’analisi aggiornata del contesto epidemiologico. Cynthia Nevison, ha presentato dati che mostrano un forte declino del carico della malattia dal 1985, attribuibile più agli avanzamenti nello screening del sangue, alle migliori pratiche dialitiche e ai programmi di scambio di siringhe che alla vaccinazione universale alla nascita. È emerso inoltre che lo 0,5% delle gravidanze negli Usa riguarda donne positive al virus, e che il 57,9% di queste nascite è attribuibile a donne non nate negli Stati Uniti, provenienti principalmente da paesi ad alta endemia.

La Chair del gruppo di lavoro, Vicky Pebsworth, ha sottolineato come la politica vaccinale americana per l’epatite B alla nascita sia un “caso anomalo” (outlier) rispetto agli altri paesi sviluppati a bassa prevalenza, molti dei quali non prevedono la dose universale per i neonati da madri negative.

Le nuove raccomandazioni non cambiano le coperture economiche. Il vaccino rimane integralmente coperto da tutti i meccanismi di pagamento, dai programmi federali come “Vaccines for Children” a Medicaid, Medicare e le assicurazioni private. La decisione si allinea alla raccomandazione votata dall’ACIP lo scorso 19 settembre, che prevede il test universale per l’epatite B per tutte le donne in gravidanza, anch’esso coperto da tutte le assicurazioni.

“I cittadini americani hanno beneficiato della discussione ben informata e rigorosa del comitato sull’appropriatezza di una vaccinazione nelle prime ore di vita”, ha dichiarato il Vice Segretario alla Salute e Direttore ad interim dei Cdc, Jim O’Neill, sottolineando la scientificità del processo.
La raccomandazione diventerà parte ufficiale del calendario vaccinale CDC una volta adottata dal Direttore dell’agenzia. La decisione, che affida una responsabilità inedita alle famiglie e ai medici di base, è destinata ad accendere un ampio dibattito tra pediatri, igienisti e esperti di salute pubblica, dividendo chi la vede come un passo verso una medicina più personalizzata e chi teme un calo delle coperture e un aumento del rischio per i bambini esposti a contatti inconsapevoli con il virus.