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Epatite C. In Italia record di pazienti trattati in UE, ma ancora bassa adesione a screening

9 febbraio - Dal 2015 ad oggi circa 260.000 pazienti sono stati trattati e hanno eliminato del tutto il virus, un risultato che ha già permesso al nostro Paese di raggiungere l’obiettivo dell’Oms di ridurre del 65% la mortalità correlata all’HCV. Ma in media solo il 30 % della popolazione target è stata invitata attivamente allo screening dell’epatite C e solo il 21% degli invitati lo ha effettuato (il 6,6% della popolazione target). Intanto la Piattaforma Italiana per lo studio delle Terapie delle Epatiti viRali (Piter) compie 10 anni.

L’Italia è il paese che ha il più alto numero di pazienti europei trattati per l’epatite C, ma solo aumentando la partecipazione agli screening per questa malattia, che ancora vedono numeri troppo bassi, ed estendendo la popolazione eleggibile, sarà possibile raggiungere gli obiettivi di eliminazione stabiliti dall’Oms entro il 2030.

È  quanto è emerso dalla conferenza “Un patto di collaborazione: dall’eliminazione regionale dell’epatite C alle nuove sfide per la salute del fegato organizzata dall’Iss (Istituto Superiore di Sanità) con il patrocinio del Ministero della Salute e in collaborazione con Aisf (Associazione Italiana per gli Studi sul Fegato) e Simit (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali).

Dal 2015, è emerso dal convegno, sono stati trattati circa 260mila pazienti che hanno eliminato del tutto il virus, riducendo in modo significativo il peso ‘sociale’ e ‘sanitario’ della malattia. Questo risultato ha già permesso di raggiungere l’obiettivo dell’Oms di ridurre del 65% la mortalità correlata all’HCV. “Si può affermare che in Italia l’eliminazione dell’HCV è un obiettivo raggiungibile” ha sottolineato Marcello Naviera, rappresentante dell’Oms, che ha introdotto la conferenza.

“La diagnosi e il trattamento per eliminare totalmente l’infezione attiva da HCV devono essere considerati come un traguardo raggiungibile e in cui credere. Questa rappresenta la nostra vera sfida del prossimo futuro”, ha detto il Presidente dell’Iss, Rocco Bellantone.

Una delle armi principali per raggiungere tale scopo è sicuramente lo screening. Alla conferenza sono intervenuti 20 Rappresentanti delle regioni e provincie autonome, la maggior parte delle quali ha avviato lo screening nelle popolazioni chiave e gran parte anche nella popolazione generale. Nonostante siano stati avviati passi innovativi in tutto il territorio, i dati attuali rivelano una grande eterogeneità nelle modalità di invito, aderenza e modelli organizzativi tra le diverse regioni italiane. In media, sintetizza l’Istituto superiore di Sanità in una nota, solo il 30 % della popolazione target è stata invitata attivamente allo screening dell’epatite C e solo il 21% degli invitati ha effettuato lo screening, rappresentando mediamente il 6,6% di tutta la popolazione target da testare. I dati relativi all’invito e all’adesione allo screening sono stati più alti tra i detenuti (quasi il 50% e il 60% rispettivamente) e tra gli utenti dei SerD (il 69% e 86% rispettivamente).

“Il fondo dedicato per lo screening della popolazione generale, oltre che per le popolazioni target come i detenuti e gli utenti dei Servizi per le Dipendenze (SerD), rappresenta un intervento di salute pubblica quasi unico nei paesi dell’Unione Europea” ha sottolineato Loreta Kondili, ricercatore medico del Centro Nazionale per la Salute Globale dell’Iss.

“Le grandi potenzialità di questa iniziativa si concretizzeranno al massimo solo raggiungendo la maggior parte della popolazione target, estendendo inoltre lo screening alle fasce di età più anziane e garantendo ai soggetti con infezione da HCV identificati l’intera cascata di cura” ha ribadito Homie Razavi - Direttore del Center for Disease Analysis negli Stati Uniti.

Una criticità emersa dai rappresentati di quasi tutte le regioni è stata l’inefficacia delle campagne di comunicazione, e pertanto è stata richiesta una campagna di comunicazione e sensibilizzazione centralizzata che porterebbe allo screening una platea molto più ampia rispetto ai dati attuali. “Al 30 giugno 2023 lo screening nazionale gratuito avviato in Italia, seppure con una estensione ancora limitata, ha consentito di testare quasi 1 milione di persone e di identificare oltre 10.000 casi di infezione attiva ovvero persone che possono accedere alle terapie ed eliminare il virus prima che si manifestino le gravi conseguenze dell’infezione - sottolinea Sabrina Valle dell’Ufficio 5 - Prevenzione delle Malattie Trasmissibili e Profilassi Internazionale del Ministero della Salute -. Questi dati, nonostante più bassi rispetto alle stime dimostrano ancora un cospicuo sommerso dell’infezione da epatite C nel nostro paese”.

Anna Teresa Palamara, Direttrice del Dipartimento Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità e Francesco Maraglino, Direttore dell’Ufficio 5 - Prevenzione delle Malattie Trasmissibili e Profilassi Internazionale della Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute, hanno illustrato e garantito l’impegno dell’Istituto Superiore di Sanità e del Ministro della Salute nella lotta contro l’epatite C.

La Prof.ssa Vincenza Calvaruso, Segretario dell’Associazione Italiana Studio del Fegato (Aisf) e il Prof. Massimo Andreoni, Direttore della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (SIMIT) hanno concluso che serve un ulteriore efficace coordinamento tra Stato e Regioni. Sono già stati avviati passi innovativi in tutto il territorio, tuttavia è necessario un impegno sempre più continuo e costante per promuovere lo slancio verso il target fissato e per evitare che la minaccia silenziosa dell’epatite C possa compromettere i risultati raggiunti per la salute pubblica dei cittadini.

“Si auspica che oltre alla popolazione target attuale anche la popolazione più adulta venga indirizzata prontamente quest’anno allo screening gratuito contro l’epatite C”, ha ribadito Ivan Gardini, presidente dell’associazione dei pazienti EpaC.

Intanto la Piattaforma Italiana per lo studio delle Terapie delle Epatiti viRali (Piter), nata come collaborazione tra Iss, Aisf e Simit ha compiuto 10 anni di attività. Alla Piattaforma Piter hanno aderito oltre 100 centri clinici italiani afferenti all’Epatologia, alle Malattie Infettive e alla Medicina Interna distribuiti su tutto il territorio nazionale.

Grazie al contributo volontario di tutti i centri clinici coinvolti, spiega l’Iss, sono state costruite due coorti di pazienti, la coorte epatite C e più recentemente la coorte epatite B/Delta. Ad oggi, sono stati arruolati oltre 12.000 pazienti con infezione cronica da epatite C e oltre 5.500 pazienti nella coorte B/Delta, seguiti nel tempo presso i centri di cura per valutare gli esiti clinici e di qualità di vita e l’impatto economico delle infezioni virali e della malattia del fegato per il sistema sanitario nazionale.

“Dalla creazione della rete Piter ad oggi sono stati prodotti importanti risultati, oggetto di oltre 50 pubblicazioni su prestigiose riviste scientifiche nazionali e internazionali”, spiega l’Iss evidenziando come le evidenze scientifiche prodotte siano state “utili per i decisori politici, presentate al Parlamento, al Ministero della Salute e all’Agenzia Italiana del Farmaco, contribuendo a importanti politiche sanitarie quali il trattamento universale dell’epatite C, lo screening per l’epatite C, le terapie per l’epatite Delta”.

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