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Violati i diritti di una bimba nata da maternità surrogata. Corte europea condanna l’Italia

1 settembre - Impedito il riconoscimento legale del rapporto di filiazione con il padre biologico, e facendo di lei un’apolide. La Corte ha inoltre stabilito che le autorità italiane dovranno versare alla bimba 15 mila euro per danni morali e 9.536 per le spese legali sostenute dal padre biologico e la madre intenzionale. LA SENTENZA

Lo Stato italiano ha violato i diritti di una bambina, nata nel 2019 in Ucraina con il ricorso alla maternità surrogata, impedendo il riconoscimento legale del rapporto di filiazione con il padre biologico, e facendo di lei un’apolide. L’ha stabilito la Corte europea dei diritti umani giudicando l’Italia colpevole di aver violato il diritto alla vita familiare e privata della bambina di cui non svela le generalità. La Corte ha inoltre stabilito che le autorità italiane dovranno versare alla bimba 15 mila euro per danni morali e 9.536 per le spese legali sostenute dal padre biologico e la madre intenzionale.

A portare il caso alla Corte di Strasburgo nel settembre del 2021 sono stati il padre biologico e la madre intenzionale della bambina, entrambi cittadini italiani, e di cui nella sentenza non vengono indicate le generalità. Il ricorso a Strasburgo è stato introdotto dopo che i due si sono visti rifiutare ripetutamente dagli uffici dell’anagrafe e dai tribunali italiani il riconoscimento legale del legame con la bimba. Nel ricorso si specifica che “il rifiuto delle autorità nazionali di riconoscere il padre biologico e la madre intenzionale come suoi genitori, da un lato, e il fatto che non avesse la cittadinanza, dall’altro, la ponevano in uno stato di grande incertezza giuridica”.

La piccola, afferma all’Ansa l’avvocato della coppia, Giorgio Muccio, non ha documenti d’identità, né tessera sanitaria, o accesso alla sanità e istruzione pubblica. Nella sentenza la Corte di Strasburgo riconosce che la piccola, che ha 4 anni, “è stata tenuta fin dalla nascita in uno stato di prolungata incertezza sulla sua identità personale”, e conclude che “i tribunali italiani hanno fallito nell’adempiere all’obbligo di prendere una decisione rapida per stabilire il rapporto giuridico della bimba con il padre biologico”.

 

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