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Nadef. Su spesa sanitaria quadro “stringente”. Restano i nodi su personale e liste d’attesa. Rischio stangata da 3mld per aziende dispositivi medici. La relazione della Corte dei Conti

13 ottobre - Per ripianare la situazione riguardante il payback degli anni 2015-18, il Governo con il decreto 34/2023 ha posto a carico del bilancio dello Stato una quota pari al 52 per cento del totale dei rimborsi mediante l’istituzione di un fondo con dotazione pari a 1.085 milioni per l’anno 2023. Ora, conteggiando le eccedenze a partire dal 2019, “anche trascurando i due esercizi più interessati dalla pandemia la somma degli scostamenti supererebbe i 6 miliardi di cui il 3 a carico delle imprese”. LA RELAZIONE

In arrivo una nuova stangata per le aziende produttrici di dispositivi medici? Questo è il rischio che sembra profilarsi dalla relazione della Corte dei Conti alla Nadef. Nel lungo documento si ricorda come, oltre ad una dilazione nei tempi di attuazione, con il decreto 34 del 2023, il Governo ha posto a carico del bilancio dello Stato una quota pari al 52 per cento del totale dei rimborsi mediante l’istituzione di un fondo con dotazione pari a 1.085 milioni per l’anno 2023.

Resta a carico delle imprese il 48 per cento dell’eccedenza. Si tratta di una misura a carattere “emergenziale” e “una tantum”. Tali “scostamenti si sono riprodotti anche negli anni più recenti: nel 2019, la spesa per dispositivi medici è stata superiore al limite per 1,5 miliardi, importo che è divenuto superiore ai 2 miliardi annui nel triennio successivo. A questo punto, conteggiando le eccedenze a partire dal 2019, “anche trascurando i due esercizi più interessati dalla pandemia la somma degli scostamenti supererebbe i 6 miliardi di cui il 3 a carico delle imprese”, sottolinea la Corte dei Conti.

Più in generale, si legge nel documento, “il quadro che emerge sul fronte della spesa sanitaria risulta, quindi, stringente. Nella Nadef non sono indicate ancora le misure che si intendono assumere sin dalla prossima legge di bilancio per affrontare i nodi principali del comparto. Si tratta di una condizione che richiederà scelte non facili in termini di allocazione delle risorse tra i diversi obiettivi”.

“Se i limitati margini di manovra impongono un attento esame della qualità della spesa e una analisi dell’efficacia di tutti gli strumenti per la razionalizzazione della sanità messi in campo negli ultimi anni (di cui non sempre sono percepibili gli effetti in termini di risultati), la necessità di rispondere ad esigenze urgenti rende il percorso particolarmente problematico”, prosegue la relazione.

Tra i nodi principali c'è innanzitutto quello legato al personale sanitario. “Solo di recente è stato sottoscritto il contratto relativo al triennio 2019-21 cui erano legati anche alcuni dei corrispettivi previsti a fronte dell’impegno profuso dal personale delle strutture sanitarie durante la pandemia. Restano da affrontare, nonostante le misure assunte con il d.l. 34/2023, i problemi sottostanti alle difficoltà di reperimento di personale sanitario soprattutto per il settore dell’emergenza e urgenza, mentre continuano ad aumentare i casi di 'fuga dal pubblico' ma anche di ricerca di opportunità di lavoro all’estero. I dati relativi al fenomeno sono al momento limitati”.

Ancora in riassorbimento poi il problema delle liste d’attesa. “Nonostante i piani predisposti dalle regioni, a inizio del 2023 il monitoraggio presentava ancora rilevanti criticità e ritardi di attuazione su cui è necessario intervenire al più presto per evitare un’ulteriore crescita delle prestazioni a carico dei cittadini o l’aumento della rinuncia alle cure”.

“Andrà verificato se un profilo di finanziamento (e di spesa) quale quello prefigurato nei quadri tendenziali sia compatibile con le necessità che ancora caratterizzano il comparto e, in particolare, con la soddisfazione dei fabbisogni di personale legati soprattutto alla riforma dell’assistenza territoriale. Garantire la corresponsione dei Lea e ridurre i fenomeni di rinuncia alle cure rappresenta una priorità sociale irrinunciabile”, evidenzia la relazione.

Segnalati, infine, sforamenti anche sul payback farmaceutico: “La spesa per acquisti diretti rappresentava a maggio scorso il 10,5 per cento del Fsn contro il 7,65 previsto come tetto complessivo ed erano 7 le regioni che presentavano acquisti in convenzione superiori al 7 per cento obiettivo”.

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