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Parto più sicuro con l'ecocardiografia del cuore fetale all'inizio del travaglio

13 giugno - È quanto emerge da uno studio pubblicato sul British Journal of Obstetrics & Gynecology. Secondo gli esperti valutare la forma e il funzionamento del cuore fetale all’inizio del travaglio può aumentare la sicurezza del parto. 

Con una ecocardiografia del cuore del bambino all’inizio del travaglio si può prevedere l’esito del parto, e in particolare capire se il bimbo tollererà bene le contrazioni o se avrà maggiore probabilità di andare in sofferenza, rendendo necessario un taglio cesareo o un parto operativo.

È quanto suggerisce uno studio pubblicato sul British Journal of Obstetrics & Gynecology  (BJOG), e coordinato dal professor Tullio Ghi, ordinario di Ginecologia e ostetricia all’Università Cattolica, campus di Roma, e direttore della Clinica ostetrica e ginecologica al Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs di Roma.

 Lo studio è stato realizzato con la collaborazione di altri esperti, tra cui il professor Andrea Dall’Asta, dell’Università di Parma, e il professor Basky Thilaganathan, della St. George’s University di Londra

Lo studio ha coinvolto 208 gestanti all’inizio del travaglio. La maggioranza di queste hanno avuto un parto naturale spontaneo, mentre in 20 di queste si è reso necessario un parto operativo per sospetta sofferenza fetale. In questo ultimo gruppo lo studio del cuore fetale aveva notato parametri morfologici diversi rispetto al gruppo che ha avuto un parto senza complicazioni.

Prevenire sofferenze durante il parto è cruciale per la salute futura del bambino, spiega il professor Ghi: “In questo lavoro abbiamo studiato e misurato le modificazioni della forma del cuore del bimbo con l’ecografia all’inizio del travaglio, e abbiamo notato che, in base ad alcuni parametri, è possibile capire chi avrà un cuore sufficientemente forte da poter tollerare le contrazioni del parto e chi invece ha maggior rischio di andare in sofferenza, e quindi avrà bisogno di un taglio cesareo o di una ventosa per prevenire possibili complicazioni. È come se noi selezionassimo prima del parto i bimbi che hanno un maggior rischio di ipossia, per i quali il parto vaginale potrebbe essere più pericoloso”.

Lo studio suggerisce per la prima volta che l’identificazione precoce di alterazioni nella funzione cardiaca fetale può guidare le decisioni cliniche, come l’adozione di un monitoraggio più intensivo durante il travaglio, oppure la decisione di procedere per un parto operativo (ad esempio, taglio cesareo o uso di ventosa) per accelerare i tempi ed evitare sofferenze fetali.

 

L’utilità di ascoltare il cuore

Per la prima volta, dunque, il cuore del feto non viene osservato solo per escludere patologie, ma diventa uno strumento predittivo dinamico, un barometro biologico capace di anticipare gli esiti del travaglio. Si parla di forma, di capacità contrattile, di adattamento allo stress: tutti parametri valutabili con un’ecocardiografia eseguita proprio quando la nascita comincia a bussare. E non è solo una questione di sicurezza clinica. È anche, e soprattutto, una questione di tempo, di rispetto, di umanizzazione del parto. Intervenire prima, con consapevolezza, può evitare l’ansia, lo smarrimento e la drammatizzazione dell’urgenza.

Lo studio apre dunque una nuova prospettiva nella medicina perinatale: l’ecocardiografia fetale al travaglio potrebbe diventare uno strumento da integrare nei protocolli clinici, al pari del tracciato cardiotocografico. E lo farebbe non per aumentare la medicalizzazione, ma per modulare l’assistenza in base alla fragilità reale del neonato.

 

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