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Ospedali. Persi in tre anni circa 4 milioni di ricoveri. Sul fronte della qualità si allarga la forbice tra le strutture di eccellenza e quelle “bocciate”. Il nuovo Programma nazionale esiti

27 ottobre - Il nuovo report di Agenas che fotografa la performance degli ospedali del Ssn nel 2022 mostra luci e ombre. I ricoveri sono aumentati e ci si sta riallineando sempre di più ai livelli prepandemici, anche se sul fronte dei ricoveri urgenti il sistema è in affanno. Torna a crescere il numero dei parti cesarei, ma nel biennio 2021-2022 aumenta a sorpresa anche il numero atteso dei ricoveri per parto. Frammentazione delle strutture e bassi volumi di attività le principali criticità. IL RAPPORTO

Non molla il Ssn, ma la fatica si fa sentire. La zavorra della pandemia si sta sicuramente alleggerendo, nel 2022 i ricoveri sono infatti aumentati (+328 mila rispetto al 2021) e la corsa per riallinearsi ai livelli prepandemici sta quindi dando i suoi frutti nonostante manchino ancora all’appello circa 890 mila ricoveri (-10% rispetto al 2019). In particolare hanno recuperato i ricoveri programmati e quelli diurni, mentre quelli urgenti continuano a mostrare il fiato corto (-13% rispetto al 2019). Rimane il fatto che nel triennio 2020-2022, sono stati persi ben 3 milioni e 800 mila ricoveri.

Parlando invece di qualità delle prestazioni il gioco si fa duro: si allarga la forbice tra le strutture con livelli di qualità alta o molto alta e quelle che, al contrario, non brillano affatto sia in qualità che in volumi di prestazioni effettuate. Il numero degli ospedali con livelli di eccellenza in almeno il 50% dell’attività svolta, sono cresciuti del 3% rispetto al 2021 e in selezionate aree specialistiche. E così nella stragrande maggioranza delle strutture ospedaliere convivono aree di qualità alta o molto alta con aree di qualità di livello basso o molto basso.

Brilla un’unica stella nel panorama delle strutture con le migliori performance e in più aree: l’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano. Mentre nel pubblico si afferma l’Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche.

Per quanto riguarda le criticità, sul banco degli imputati c’è spesso una eccessiva frammentazione dell’offerta, figlia di una programmazione sbagliata. E il risultato si fa sentire: ci sono troppe strutture con bassi volumi di attività che mal si sposano con esiti di qualità. Qualche esempio? Il bypass aortocoronarico: le cardiochirurgie sono aumentate e i ricoveri hanno recuperato rispetto al periodo prepandemico, ma è diminuito il numero delle strutture che superano la soglie dei volumi indicati dal Dm 70 (11 rispetto alle 15 del 2021). Va detto però che, in questo caso, la mortalità a 30 giorni rimane comunque al di sotto della soglia del 4% indicata sempre dal Dm 70. Critica invece la situazione per il tumore al pancreas: ben 1 paziente su 3 finisce in strutture con basso o bassissimo volume di attività.

È alert invece per i parti cesarei. I segnali di decrescita registrati negli ultimi 5 anni non solo si sono fermati, ma i cesarei sono addirittura ripartiti raggiungendo i livelli del 2017. Numeri in risalita che si registrano in particolare nel privato e nel Sud Italia. Ma rimanendo nell’area perinatale le sorprese non mancano: nonostante dal 2015 al 2020 si siano persi ogni anno 17mila ricoveri per parto, nel 2021 sono aumentati del 3% e del 6% nel 2022 rispetto al previsto. Insomma nei due anni post pandemia ci sono stati 33mila parti in più rispetto l’atteso. Una luce sull’inverno demografico?
Nota dolente, in barba a ogni forma di sicurezza, un terzo dei punti nascita continua a viaggiare sotto il limite dei 500 parti l’anno.

Questo il quadro delineato dagli analisti di Agenas che hanno presentato oggi a Roma presso l‘Ao San Giovanni Addolorata i risultati dell’Edizione 2023 del Programma nazionale esiti (Pne). Un Pne che, anno dopo anno, si perfeziona sempre di più e stringe le maglie per valutare con accuratezza le performance degli ospedali pubblici e privati, fino a valutarne ormai il 90% delle attività.
Il risultato? Strutture che dormivano sonni tranquilli hanno avuto bruschi risvegli scoprendo che le loro performance non erano poi così brillanti. Paradigmatico il caso delle fratture di femore operate entro le 48 ore migliora la proporzione di pazienti over 65 che entrano nei tempi previsti in camera operatoria, ma nel 60% delle strutture i volumi di attività non superano la soglia prevista dal Dm 70 e automaticamente vanno a finire nella lista dei “bocciati”. Insomma, come sottolineano gli analisti ”Laddove la soglia non venga raggiunta, l’indicatore è valutato come di qualità molto bassa indipendentemente dall’esito“.

Ma se, il leit motiv dell’Agenas è sempre stato quello che ”il Programma esclude categoricamente l’utilizzazione dei risultati come una sorta di ‘pagelle, giudizi‘ dei servizi, dei professionisti e promuove un’attività di auditing clinico e organizzativo per valorizzare l’eccellenza, individuare le criticità e promuovere l’efficacia e l’equità del Ssn”, in questa esizione qualcosa è cambiato: grazie all’utilizzo sempre più accurato del treemap - modalità sintetica che attraverso indicatori di volume, processo ed esito consente di evidenziare le criticità delle realtà assistenziali per singola struttura – è possibile farsi un’idea ben precisa delle strutture dove poter ricevere performance di eccellenza.

E non soloper la prima volta a rompere il tabù è stato proprio il Direttore generale di Agenas, Domenico Mantoan tirando le somme a conclusione della giornata di presentazione. “E‘ passato il tempo di non fare classifiche” ha detto indicando la graduatoria delle prima quattro strutture con le migliori performance: al primo posto e al secondo posto, per il secondo anno consecutivo, come abbiamo già visto, ci sono l’Irccs Humanitas di Rozzano e l’Ao delle Marche di Ancona, al terzo l’Humanitas Gavazzeni di Bergamo e al quarto l’Humanitas Mater domini di Castellanza, Varese.

E accanto alle best practice, ha sottolineato poi Mantoan, ci sono ben 8 ospedali italiani, pubblici, sia nel Nord che nel Sud che non hanno ottenuto una valutazione sufficiente, mentre 436 sono risultati ‘non classificabili’, perché hanno un livello di attività così bassa che non è stato possibile valutarli.

LE PERFORMANCE
Sotto la lente di Agenas è finita l’attività assistenziale effettuata nel 2022 in 1.382 ospedali pubblici e privati
 e anche quella dal 2015 al 2022. Gli analisti hanno messo in campo per questa nuova edizione 10 indicatori in più rispetto all’anno precedente, in totale sono 195 di cui: 170 relativi all’assistenza ospedaliera (66 di esito/processo, 88 di volume e 16 di ospedalizzazione); e 25 relativi all’assistenza territoriale, valutata indirettamente in termini di ospedalizzazione evitabile (14 indicatori), esiti a lungo termine (7) e accessi impropri in pronto soccorso (4). Dei 10 nuovi indicatori in particolare 8 hanno riguardato l’ambito ospedaliero. E sono attualmente in sperimentazione 12 nuovi indicatori, di cui 4 in ambito oncologico (relativi agli interventi per tumore maligno della mammella), 4 in ambito neurologico (relativi all’ictus), 2 in ambito cardiologico e 2 in ambito digerente (relativi alla cirrosi epatica).
Insomma, un sistema in continua evoluzione.

E le novità dell’edizione 2023 non finiscono qui: come abbiamo visto è stato rivisitato il treemap dove sono stato introdotti indicatori sempre “chirurgici”. Sono stati definiti ulteriori criteri sui volumi minimi di attività per struttura e per operatori, ed è stata inserita la nefrologia per ampliare l’ambito della medicina interna. Un restyling che ha consentito di valutare 946 strutture (erano 926 nel 2021) e lasciarne fuori 436 perché non valutabili.

Vediamo alcuni dati emersi e in particolare quelli relativi all’area perinatale
Nel 2022 si è registrato un aumento dei ricoveri rispetto al 2021 (+328 mila) ed è proseguito il riavvicinamento ai livelli prepandemici, sebbene persista una riduzione del 10% rispetto al 2019 (valore corrispondente a circa 890 mila ricoveri in meno). La ripresa ha riguardato specificamente i ricoveri programmati e quelli diurni. Complessivamente nel triennio 2020-2022, la riduzione dell’attività ospedaliera stimata sui volumi del 2019 è stata pari a 3 milioni e 800 mila ricoveri.

AREA PERINATALE

Numero di parti leggermente sopra l’atteso rispetto al trend In Italia, il numero di parti si è progressivamente ridotto nel corso del tempo (circa 68 mila parti in meno nel 2019 rispetto al 2015). Durante la pandemia, a partire dal 2021, si è registrata un’attenuazione del trend, con un incremento del 2,7% nel 2021 e del 6% nel 2022 rispetto all’atteso, pari a 32.500 ricoveri in più per parto nel biennio 2021-2022.

Un terzo dei punti nascita sotto il limite dei 500 parti l’anno Per quanto riguarda la concentrazione dei parti, a fronte di una leggera riduzione dei punti nascita (da 442 nel 2021 a 434 nel 2022), circa un terzo di questi non ha raggiunto la soglia minima dei 500 parti/anno (per un valore corrispondente di casistica pari al 6,7%), mentre solo 140 punti nascita si sono posizionati oltre la soglia dei 1.000 parti/anno (pari al 63% del volume totale su base nazionale).

La percentuale dei parti con taglio cesareo (Tc) cresce ai livelli del 2017 Si è registrata una battuta d’arresto nel trend di decrescita, con una percentuale in leggera risalita (23%), ai livelli del 2017. C’è un minore ricorso al TC nei punti nascita pubblici sopra i 1.000 parti l’anno, e una maggiore propensione alla pratica chirurgica da parte delle strutture private, anche dopo aggiustamento per gravità.
Su questo fronte persiste una marcata eterogeneità interregionale, con uno spiccato gradiente geografico: la gran parte delle regioni del Sud ha fatto registrare nel 2022 valori mediani di TC superiori al dato nazionale. Si registra anche una spiccata variabilità intraregionale, con strutture che superano il 40% in Campania, Sicilia, Lombardia, Puglia e Lazio.

Parti vaginali in donne con pregresso Tc (Vbac): proporzione in leggera decrescita rispetto al trend La proporzione media di VBAC è risultata nel 2022 pari al 10%, in leggera decrescita sul 2021, e in controtendenza rispetto al trend positivo registrato negli anni precedenti. Permane, inoltre, una spiccata variabilità inter e intraregionale, con un gradiente Nord-Sud caratterizzato da valori mediani pari o superiori al 30% nelle province di Bolzano e Trento, e in Friuli Venezia Giulia, e valori al di sotto del 10% in molte regioni del Centro-Sud.

In diminuzione le episiotomie Il ricorso all’episiotomia è costantemente diminuito nel corso degli anni, passando dal 24% nel 2015 all’11% nel 2022. Persiste una marcata disomogeneità sul territorio, con valori tendenzialmente più elevati nell’Italia meridionale.

Valutazione sintetica dell’area gravidanza e parto: treemap
L’area della gravidanza e parto è valutata nei treemap attraverso 3 indicatoriproporzione di parti con taglio cesareo primario; proporzione di parti vaginali in donne con pregresso parto cesareoproporzione di episiotomie nei parti vaginali
È stata applicata una soglia annua per struttura di almeno 500 parti.

Sono 342 le strutture con tutti e tre gli indicatori del treemap valutati, di cui 50 raggiungono un livello di qualità molto alto. La regione che presenta la proporzione più alta di strutture con livello di qualità molto alto è l’Emilia-Romagna (11 strutture su 17, pari al 65%). In 9 regioni, nessuna struttura raggiunge un livello di qualità molto alto: Valle d’Aosta, Liguria, Lazio, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna.

CHIRURGIA ONCOLOGICA

Tumore maligno della mammella: riallineamento degli interventi al trend prepandemico Per quanto riguarda il carcinoma mammario, nel 2020 si è registrata una significativa riduzione delle ospedalizzazioni, quantificabile in circa 7 mila ricoveri in meno rispetto all’atteso (-11%). Per contro, il biennio successivo si è caratterizzato per un riallineamento al trend prepandemico (-1,2% nel 2021 e +0,1% nel 2022).

Il 77% degli interventi effettuati in reparti oltre la soglia del Dm 70. Sono 156 le unità operative con volume di attività uguale o superiore a 150 interventi/anno; il valore corrispondente di casistica è stato del 77% sul totale degli interventi effettuati a livello nazionale, in aumento rispetto al 74% del 2021 e al 67% del 2020.

Tumore maligno del pancreas: leggero incremento del numero di interventi, ma con elevata frammentazione della casistica Il tumore maligno del pancreas è l’unico tra quelli ad elevato impatto a non aver subito nel periodo della pandemia una significativa contrazione dei volumi. In fase pandemica, il numero degli interventi è rimasto pressoché invariato rispetto al trend (-0,6% nel 2020 e -2,2% nel 2021), mentre nel 2022 si è registrato un aumento rispetto al valore atteso (+2,7%).

Ma a dispetto dell’elevata complessità dell’intervento, si segnala un numero non trascurabile di strutture (163, pari al 16% della casistica complessiva) al di sotto dei 10 interventi l’anno.

Valutazione sintetica area della chirurgia oncologica: treemap
Sono stati tre gli indicatori utilizzati per questa area: proporzione di nuovi interventi di resezione entro 120 giorni da un intervento chirurgico conservativo per tumore maligno della mammella; intervento chirurgico per TM polmone: mortalità a 30 giorni; intervento chirurgico per TM colon: mortalità a 30 giorni

È applicato un vincolo per struttura di almeno 135 interventi annui per il tumore maligno della mammella, di almeno 85 interventi per il tumore del polmone e di almeno 45 interventi per il tumore del colon.

Sono 116 strutture con tutti e tre gli indicatori del treemap valutati. Le 4 strutture con livello di qualità molto alta sono: Ospedale di Mestre, Aou di Padova, Stabilimento Umberto I - G. M. Lancisi (Ancona), Policlinico Universitario A. Gemelli (Roma).

Le 28 strutture con livello di qualità alta sono: Az. Ospedaliera S. Croce e Carle (Cuneo), Humanitas Gavazzeni (Bergamo), Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi (Varese), Pres. Ospedaliero Spedali Civili (Brescia), Ospedale S. Gerardo (Monza), Ospedale Ca’ Granda-Niguarda (Milano), Irccs S. Raffaele (Milano), Istituto Europeo di Oncologia (Milano), Ist. Clin. Humanitas (Rozzano), Casa di Cura Pederzoli (Peschiera del Garda), Ospedale di Treviso, Presidio Ospedaliero SMM (Udine), Ospedale Morgagni-Pierantoni (Forlì), Azienda Ospedaliero-Universitaria (Parma), Aou (Modena), Irccs Policlinico S. Orsola (Bologna), Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, Aou Careggi (Firenze), Ao San Camillo-Forlanini (Roma), Policlinico Umberto I (Roma), P.O. Spirito Santo (Pescara), A.O.U. Federico II di Napoli, Ospedale Lecce V. Fazzi, Istituto Tumori Giovanni Paolo II (Bari), Consorziale Policlinico Bari, Ospedali Riuniti di Foggia, Nuovo Ospedale Garibaldi – Nesima (Catania).

Il treemap come strumento per le attività di audit
Nel 2022 circa un terzo delle strutture è stato valutato solo per una o due aree cliniche. Delle 331 strutture valutate per almeno 6 aree cliniche solo l’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano ha una valutazione di qualità alta o molto alta per tutte le aree cliniche considerate. Tra le strutture pubbliche, quella che ha riportato una valutazione migliore è l’Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche, con qualità alta o molto alta in 6 aree. Nella stragrande maggioranza delle strutture ospedaliere convivono aree di qualità alta o molto alta con aree di qualità di livello basso o molto basso.

La proporzione di strutture con livello di qualità alto o molto alto per almeno il 50% dell’attività svolta è aumentata rispetto al 2021, passando dal 23% al 26% nel 2022.

Il treemap rappresenta uno strumento operativo per identificare aree critiche rispetto alle quali avviare un percorso di audit sulla qualità dei dati e sul percorso clinico organizzativo. Il numero complessivo di audit è pari a 467 distribuiti in 261 strutture, prevalentemente concentrati nelle aree cliniche “Gravidanza e Parto” (soprattutto in relazione ai parti vaginali dopo TC e alle episiotomie nei parti vaginali) e “Osteomuscolare” (relativamente alla tempestività degli interventi dopo frattura del femore nei pazienti di età ≥65 anni).

Disuguaglianze nell’assistenza sanitaria: svantaggio delle donne nell’accesso tempestivo alla Ptca e aumento della mortalità a 30 giorni dopo infarto rispetto agli uomini Con riferimento all’area cardiovascolare, si è registrata anche nel 2022 una proporzione minore di donne con Stemi che accedono tempestivamente alla Ptca (43%) rispetto agli uomini (54%). Occorre, inoltre, sottolineare come lo svantaggio determinato dall’accesso non tempestivo alla Ptca si traduca in un aumento della mortalità a 30 giorni da un episodio di IMA.

Frattura di femore nei pazienti di età ≥65 anni: svantaggio per gli uomini nella tempestività dell’intervento La proporzione di interventi chirurgici per frattura di femore in pazienti di età ≥65 anni eseguiti entro 48 ore è tendenzialmente più bassa per gli uomini (46%) rispetto alle donne (51%); tale divario si ripropone in quasi tutte le regioni italiane, sep-pur con differenti livelli di variabilità intra-regionale.

Donne straniere: meno tagli cesarei ma alto rischio di riospedalizzazione In area perinatale, i risultati confermano un ricorso al TC primario significativa-mente minore per le donne immigrate rispetto alle italiane. Di contro, per le immigrate che siano state previamente sottoposte a un TC emerge un rischio di riam-missione durante il puerperio (a 42 giorni dal parto) significativamente più eleva-to.

Ospedalizzazioni evitabili nella popolazione straniera: tassi superiori per infezioni del tratto urinario, complicanze del diabete e ipertensione arteriosa
Per quanto riguarda le ospedalizzazioni evitabili, emerge nel 2022 un quadro eterogeneo, con una tendenza da parte della popolazione immigrata a presentare tassi superiori a quelli della popolazione italiana in molti contesti regionali per infezioni del tratto urinario, complicanze del diabete a medio e lungo termine, amputazione degli arti inferiori in pazienti diabetici e ipertensione arteriosa.

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