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Resistenza antimicrobica. Report Ocse: una infezione su 5 non risponde ai trattamenti, causando 79.000 morti l’anno, 6.500 solo in Italia: 2,4 quelli provocati da Tbc, influenza e Hiv insieme

15 settembre - Le infezioni resistenti acquisite in ambito sanitario rappresentano oltre il 60% dei decessi correlati in generale a questo fenomeno. Sono gli anziani a sostenere il peso maggiore del bilancio delle vittime della resistenza antimicrobica, con circa due decessi su tre dovuti alla resistenza antimicrobica che si verificano tra le persone di età superiore ai 65 anni.

Attualmente, nei paesi Ocse, un’infezione batterica su cinque è resistente al trattamento antibiotico. Queste infezioni che non rispondono alle cure farmacologiche disponibili causano la morte di circa 79.000 persone ogni anno (circa 6.500 solo in Italia): 2,4 volte il numero di decessi dovuti a tubercolosi, influenza e HIV/AIDS messi insieme nel 2020. A sottolinearlo il nuovo report dell’Ocse “Embracing a One Health Framework to Fight Antimicrobial Resistance”.

Qualche dato per quanto riguarda l’Italia: la percentuale di K. pneumoniae resistente ai carbapenemi è aumentata di 30 punti percentuali (dall’1% al 31%) tra il 2009 e il 2019, mentre la percentuale di P. aeruginosa resistente a i carbapenemi è diminuita di 16 punti percentuali (dal 35% al 19%) negli stessi 10 anni. In generale, evidenzia l’Ocse, c’è molta varietà all’interno dei diversi Paesi considerati.

Le infezioni resistenti acquisite in ambito sanitario rappresentano oltre il 60% dei decessi correlati in generale a questo fenomeno. Sono gli anziani a sostenere il peso maggiore del bilancio delle vittime della resistenza antimicrobica, con circa due decessi su tre dovuti alla resistenza antimicrobica che si verificano tra le persone di età superiore ai 65 anni. Alimentate dall’uso inappropriato dei farmaci antimicrobici, le proporzioni di questo fenomeno rispetto a 12 combinazioni di antibiotici-batteri si attestano intorno al 20% nei paesi Ocse, il che significa che un’infezione su cinque è appunto causata da superbatteri. Il rapporto stima che, se non controllata, la resistenza agli antimicrobici di terza linea – i farmaci di ultima istanza contro le infezioni difficili da trattare – potrebbe essere 2,1 volte più elevata entro il 2035 rispetto al 2005. Ciò significa che i sistemi sanitari saranno più vicini all’esaurimento delle opzioni per curare i pazienti affetti da una serie di malattie come la polmonite e le infezioni del sangue. In alcuni paesi, come Grecia, India e Turchia, si prevede che oltre il 40% di tutte le infezioni causate dalle 12 combinazioni antibiotici-batteri studiate dall’Ocse diventeranno resistenti ai medicinali entro il 2035.

Ed il prezzo della mancata azione nella lotta alla resistenza antimicrobica è elevato. Il costo del trattamento delle complicanze dovute a infezioni resistenti può superare i 28,9 miliardi di dollari ogni anno, tenendo conto della parità di potere d’acquisto in 34 paesi Ocse e Ue/See. Per fare un confronto, nei 17 paesi per i quali sono disponibili dati, la spesa sanitaria totale sostenuta ogni anno a causa della resistenza antimicrobica ammonta a circa il 19% della spesa sanitaria totale dovuta al trattamento dei pazienti affetti da Covid-19 nel 2020.

La resistenza antimicrobica ha anche un impatto importante sulla partecipazione e sulla produttività della forza lavoro: si stima che ammonti a 36,9 miliardi di dollari, corrispondenti a circa un quinto del prodotto interno lordo del Portogallo nel 2020. Il rapporto afferma che occorre aumentare gli investimenti nei pacchetti di azioni One Health contro la resistenza antimicrobica, con un ritorno sull’investimento significativamente maggiore dei costi di implementazione: ogni dollaro investito in politiche ad hoc nei settori sanitario e alimentare genera rendimenti equivalenti a 5 dollari in benefici economici, ottenuti attraverso la riduzione della spesa sanitaria e l’aumento della produttività sul lavoro.

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