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Reti oncologiche. Ecco l’Italia delle disuguaglianze. Il Sud resta indietro, cure e screening ancora un miraggio per molti

30 maggio - Presentati da Agenas i dati sullo status delle reti oncologiche dove spiccano per performance Toscana, Emilia-Romagna e Veneto. Per quanto riguarda la prevenzione. Il monitoraggio degli screening oncologici (mammella, colon-retto e cervice uterina) evidenzia ancora di più un’Italia spaccata in due. IL REPORT

 

Un’Italia oncologica a due velocità, dove la qualità delle cure e l’accesso ai servizi restano ancora fortemente condizionati dal codice di avviamento postale. È questo il quadro che emerge dal sesto rapporto nazionale Agenas sulle reti oncologiche regionali, un’analisi dettagliata basata sui dati 2023 che evidenzia come, a fronte di regioni modello, persistano ampie sacche di criticità.

Reti oncologiche. Le Regioni virtuose: Toscana, Emilia-Romagna e Veneto al top
La Toscana si conferma la regina delle reti oncologiche: l’analisi evidenzia una presa in carico efficace, con un’elevata percentuale di ricoveri e prestazioni erogate a pazienti residenti. Tempi di attesa contenuti e un indice di bacino positivo – che garantisce trattamenti come chemioterapia e radioterapia a pochi chilometri da casa – rappresentano il cuore di un sistema che funziona. Seguono Emilia-Romagna, Veneto, Piemonte/Valle d’Aosta e Lazio, territori che hanno saputo tradurre in pratica i principi di integrazione ospedale-territorio e la definizione di Percorsi Diagnostico-Terapeutici Assistenziali (Pdta).

In queste regioni, i dati sono chiari: interventi chirurgici effettuati entro 30 giorni dalla prenotazione per la maggior parte dei casi, ricoveri che avvengono nella regione di residenza e minore mobilità sanitaria in uscita. Indicatori che, come ricorda AGENAS, fanno la differenza non solo per la prognosi, ma anche per la qualità della vita di chi affronta la battaglia contro il cancro.

Le Regioni in crescita: segni positivi ma disuguaglianze ancora da colmare
Accanto alle eccellenze, Agenas segnala un trend incoraggiante per regioni come Campania, Umbria, Abruzzo, Puglia e Friuli Venezia Giulia. Qui i processi di riorganizzazione delle reti oncologiche iniziano a dare frutti concreti, con un progressivo miglioramento degli esiti clinici e una riduzione delle disuguaglianze di accesso. Tuttavia, resta il nodo di una governance non sempre omogenea e la necessità di consolidare gli sforzi per garantire equità e omogeneità di cure su tutto il territorio regionale.

Sud e isole ancora indietro: Calabria e Sardegna fanalino di coda
Dall’altra parte, regioni come Calabria, Molise, Marche, Basilicata e Sardegna continuano a scontare ritardi strutturali e organizzativi. In Calabria e Sardegna, in particolare, il report denuncia reti oncologiche frammentate o addirittura assenti, con conseguenze pesanti sui pazienti: mobilità sanitaria forzata, tempi di attesa oltre gli standard e una qualità dell’assistenza ben lontana da quella garantita nelle regioni più avanzate.

Sulla tempestività degli interventi chirurgici, l’analisi mostra dati allarmanti: mentre in province come Bolzano, Veneto, Toscana, Lombardia ed Emilia-Romagna le percentuali di interventi entro 30 giorni superano abbondantemente l’80%, in Sardegna, Marche e Abruzzo questi standard non vengono rispettati, mettendo a rischio la prognosi oncologica e aumentando il carico emotivo su pazienti e famiglie.

“Le Regioni/P.A. – scrive Agenas - che hanno effettivamente strutturato la rete e questa è attuativa da tempo, in modo da definire processi, meccanismi operativi, coordinamento dei centri della rete, definizione dei PDTA condivisi e organizzazione di strutture e personale, risultano avere una performance migliore in termini di esiti”.

“L’analisi approfondita – prosegue – dei singoli indicatori sottolinea come ci possa essere una netta differenza tra le Regioni/P.A. totalmente performanti, anche in accordo con la loro organizzazione/governance di rete (Toscana, Emilia-Romagna, Piemonte/Valle d’Aosta, Veneto e Lazio), rispetto a Regioni/P.A. in cui il raggiungimento della performance di esito è legato maggiormente alla produttività di singoli centri che avocano a sé elevata capacità produttiva e soddisfacimento della domanda interna ed esterna alla rete, anche se tuttavia non integrato in un sistema di rete (Lombardia e Friuli Venezia Giulia). Si apprezza una crescita rispetto al 2022 per alcune Regioni quali Campania, Umbria, Abruzzo, Puglia, Friuli-Venezia Giulia, che, essendo partite da una riorganizzazione della rete, stanno mostrando un sempre crescente impatto favorevole sugli esiti. Si osserva la stabilità di Liguria, Sicilia, P.A. di Bolzano e P.A. di Trento, pur nella differenza di. popolazione e di richiesta di prestazioni oncologiche da soddisfare.

Rimangono da supportare nella definizione della rete e nella sua successiva attuazione le Regioni Calabria, Molise, Marche, Basilicata e Sardegna in cui appaiono evidenti anche dalla mobilità e dall’incompleta risposta al soddisfacimento della domanda interna dei pazienti residenti, i margini di miglioramento dei processi di base della rete e della sua implementazione”.

Screening oncologici: Nord e Centro avanti, il Sud resta fermo
Non va meglio sul fronte della prevenzione. Il monitoraggio degli screening oncologici – mammella, colon-retto e cervice uterina – realizzato dall’Osservatorio Agenas per il 2024 evidenzia un’Italia spaccata in due. A livello nazionale, la copertura media si attesta su buoni livelli di estensione: 95% per la mammella (fascia 50-69 anni), 96% per il colon-retto e addirittura 101% per la cervice uterina. Tuttavia, l’adesione – l’unico vero indicatore del successo dei programmi di screening – racconta un’altra storia.

Mammella: 49% di adesione media nazionale.

Colon-retto: 32%, ben al di sotto del target.

Cervice uterina: 41%, in crescita ma ancora insufficiente.

Le Regioni migliori: Toscana, Emilia-Romagna e Umbria
La Toscana brilla anche sul fronte screening, con estensioni superiori al 100% sia per la mammella sia per la cervice uterina e adesioni rispettivamente al 59,99% e 51,46%. Lo screening colon-rettale si mantiene su ottimi livelli, con estensione del 100,64% e adesione del 40,07%. Emilia-Romagna e Umbria non sono da meno: nella prima, lo screening mammografico tocca un’adesione record del 67,20%, mentre in Umbria l’adesione agli screening per la cervice uterina arriva al 64,30%, dati che riflettono la capacità di queste regioni di fare rete e promuovere una vera cultura della prevenzione.

Screening mammella
Nel 2024 complessivamente in Italia, l’estensione allo screening della mammella è stata del 95%, tuttavia l’adesione è stata del 49%. Dalla analisi per aree geografiche risulta che l’adesione è maggiore del Nord-Italia (55%), segue il Centro (47%) e Sud-Italia e isole 36%. Confrontabili con il 2023 sono il Nord che dal 60% passa al 55% e il Centro che si mantiene stabile.

Screening colon-retto
Nel 2024 complessivamente in Italia, l’estensione allo screening della colon-retto è stata del 96%, l’adesione è stata del 32%. Dalla analisi per aree geografiche risulta che l’adesione è maggiore del Nord-Italia (42%), segue il Centro (29%) e Sud-Italia e isole 15%. Tale dato riguardante il Sud-Italia risulta nettamente inferiore rispetto al target dell’indicatore del P15Cc del NSG che deve essere ≥ 25%. Confrontati con il 2023, i dati di estensione e adesione sono sovrapponibili.

Screening cervice uterina
Nel 2024 complessivamente in Italia, l’estensione allo screening della cervice uterina è stata del 101% (legata probabilmente all’inclusione di una fascia di età allargata), l’adesione è stata del 41%. Dalla analisi per aree geografiche risulta che l’adesione è maggiore del Nord-Italia (45%), segue il Centro (41%) e Sud-Italia e isole (34%); il dato risulta aver raggiunto ampiamente il target dell’indicatore P15Ca del NSG che deve essere ≥25%. Dal confronto con il 2023 risulta stabile il Nord; Centro, Sud e isole in miglioramento.

Il report AGENAS non usa mezzi termini: la creazione di reti oncologiche forti e la promozione attiva degli screening sono la chiave per ridurre la mortalità oncologica e garantire un percorso di cura dignitoso. Le regioni più virtuose dimostrano che con investimenti mirati, governance solida e una cultura dell’integrazione ospedale-territorio si possono raggiungere e superare i target ministeriali. Per il Sud, la strada è ancora lunga e richiede interventi mirati, politiche incisive e un impegno costante per trasformare l’equità di accesso in un diritto davvero universale.

 

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