Associazione dei Ginecologi Italiani:
ospedalieri, del territorio e liberi professionisti

Home / Notiziario / Tumore al seno. Nuovo approccio epigenetico apre la strada a cure mirate per le forme più difficili. Lo studio IEO

Tumore al seno. Nuovo approccio epigenetico apre la strada a cure mirate per le forme più difficili. Lo studio IEO

07 novembre – I ricercatori dell’Istituto Europeo di Oncologia hanno ottenuto per la prima volta il profilo epigenetico del cancro, che può essere bersaglio di nuovi farmaci mirati ed efficaci nei tumori per cui oggi non esistono terapie innovative. I risultati dello studio pubblicati su Nature Communications. LO STUDIO

Nuove notizie nella lotta contro le forme più difficili di tumore al seno. Un gruppo di ricercatori guidato da Tiziana Bonaldi, Direttore dell’Unità di Ricerca “Nuclear Proteomics” dell’Istituto Europeo di Oncologia, ha scoperto come individuare il profilo epigenetico del cancro: la “seconda identità genetica” di ogni tumore, che può essere bersaglio di farmaci mirati, rendendo curabili anche i tumori oggi orfani di terapia. I risultati dello studio sono stati da poco pubblicati su Nature Communications.

“Le attuali targeted-therapy, che hanno rivoluzionato la cura dei tumori, si basano sul profilo mutazionale, vale a dire le alterazioni geniche che si producono nella sequenza del DNA e caratterizzano un tumore in modo permanente”, spiega in una nota Tiziana Bonaldi. “Queste alterazioni – aggiunge – possono essere bersagliate da molecole mirate per renderle inattive. Sappiamo però che esiste anche un secondo profilo, diciamo una seconda identità, che è quello epigenetico, che regola l’attività del DNA in base a fattori esterni, come dieta e ambiente. Ovviamente si tratta di un profilo più dinamico e instabile rispetto a quello mutazionale, perché le alterazioni epigenetiche sono reversibili e possono essere modificate, anche in questo caso con farmaci mirati, detti appunto epigenetici. Il profilo epigenetico è quindi molto interessante dal punto di vista della cura oncologica, ma fino a ieri non c’erano strumenti per generarlo da campioni clinici. Allo IEO abbiamo messo a punto la prima piattaforma tecnologica che permette di ottenere il profilo epigenetico completo dei tumori ed è, secondo noi, un risultato che potrà cambiare la storia dei tumori più temibili, fino ad oggi orfani di cure innovative”, conclude Tiziana Bonaldi.

“Il risultato – illustra Giulia Robusti, giovane ricercatrice che ha firmato il lavoro – è stato ottenuto grazie alla collaborazione fra noi ricercatori di base, i clinici e la biobanca IEO, lavorando su 200 campioni clinici di tumori della mammella. Prima abbiamo individuato una firma epigenetica, cioè un insieme di marcatori, che caratterizza i tumori triplo negativo, una forma di tumore mammario che purtroppo manca di terapie specifiche. Abbiamo successivamente scoperto che l’aumento di uno specifico marcatore epigenetico è legato ad una peggiore risposta alla chemioterapia. Questo aumento è dovuto all’azione di un enzima conosciuto e abbiamo trovato un farmaco epigenetico, già in uso, capace di inibirlo. Nei test in vitro le cellule esposte al farmaco crescono meno e diventano sensibili alla chemioterapia. Questi risultati sono stati confermati in vivo”.

Il 15-20% di tutti i tumori del seno, riferisce la nota dell’IEO, appartengono al tipo molecolare triplo negativo, che rappresenta la sfida più impegnativa perché è una malattia eterogenea, di cui non si conoscono target molecolari specifici e di conseguenza non si dispone di farmaci di nuova generazione.

“Abbiamo capito che per trovare nuovi target era necessario utilizzare un approccio diverso da quello mutazionale, che studia le alterazioni permanenti nel DNA. Abbiamo pensato che il tumore è invece plastico e ha un gran capacità di adattamento – per esempio per sviluppare la resistenza ai farmaci – per cui abbiamo cercato una tecnologia capace di evidenziare il profilo epigenetico che sa cogliere questa plasticità. Sappiamo infatti che l’epigenetica ha un ruolo importante nella progressione tumorale e la formazione di metastasi. Una volta generato l’identikit epigenetico, lo abbiamo integrato con altre profilazioni molecolari per identificare il meccanismo attraverso cui agisce” aggiunge Roberta Noberini, prima co-autrice dello studio.

“La nostra scoperta apre orizzonti clinici molto promettenti per i tumori mammari triplo negativi, perché il farmaco epigenetico che abbiamo utilizzato appartiene alla classe degli inibitori di un enzima di cui conosciamo l’efficacia. Il nostro progetto è infatti di cercare marcatori epigenetici per farmaci già in uso, per poterli applicare rapidamente in clinica” osserva Alessandro Vai, dottorando che in questo studio si è occupato delle analisi bioinformatiche.

L’approccio usato in questo progetto è applicabile anche ad altri contesti tumorali. “Il nostro prossimo studio in quest’area riguarderà il tumore dell’ovaio, tristemente conosciuto per la resilienza e resistenza ai farmaci, in vista della sperimentazione clinica. Nel frattempo ci siamo posti il prossimo quesito di ricerca: se la firma epigenetica è presente e rilevabile nel tessuto perché non dovrebbe esserlo anche nel sangue? L’idea di ottenere il profilo epigenetico con un semplice prelievo di sangue non è un’utopia” conclude Tiziana Bonaldi.

Le insuline, pur restando fondamentali nel trattamento del diabete di tipo 1 e nei casi avanzati di tipo 2, mostrano una contrazione della spesa (-36,1%) e dei consumi (-31,4%) dovuta sia alla progressiva diffusione di molecole più innovative sia alla riduzione dei costi delle insuline basali.

Nel dettaglio, l’insulina degludec associata alla liraglutide è il principio attivo più costoso (4,44 euro per giornata di terapia), seguita dalla semaglutide (3,50 euro) e dalla dulaglutide (4,09 euro). Quest’ultima, insieme alla semaglutide, registra un incremento record dei consumi: rispettivamente +52,3% e +75,9% in un solo anno, segno dell’adozione rapida di queste terapie a somministrazione settimanale, particolarmente apprezzate per efficacia e comodità.

Al contrario, le gliptine (inibitori della DPP-4), un tempo protagoniste, mostrano oggi una stabilizzazione o un lieve calo dei consumi, mentre le sulfaniluree e glinidi, ormai superate dalle linee guida, continuano a essere prescritte ma in riduzione costante (-6,4 DDD/1000 ab die), pur rappresentando ancora circa il 10% dell’uso totale.

Disuguaglianze territoriali e aderenza alle cure

Come per la diffusione della malattia, anche l’uso dei farmaci riflette un forte divario geografico. La prevalenza d’uso dei farmaci antidiabetici è del 6,5% a livello nazionale, ma sale al 7,7% nel Sud e nelle Isole, contro il 5,5% nel Nord e il 6,7% nel Centro. Una distribuzione coerente con la maggiore incidenza di obesità, sedentarietà e diabete in queste aree.

Sul fronte dell’aderenza terapeutica, il rapporto segnala una non aderenza del 23,9%, pur in diminuzione rispetto al 2022 (-12%). Le donne risultano meno aderenti (28,1%) rispetto agli uomini (23,9%). Inoltre, solo il 47,5% dei pazienti risulta ancora in trattamento dopo 12 mesi, con livelli più alti di persistenza al Nord. Tra i motivi principali: politerapia, eventi avversi, deficit cognitivi e scarsa interazione medico-paziente.

La Relazione sul diabete 2024 conferma che la patologia è in crescita sia in termini epidemiologici che di impatto economico. L’aumento della prevalenza, trainato da obesità e sedentarietà, si accompagna a una forte espansione dei consumi di farmaci innovativi. La sfida dei prossimi anni sarà garantire appropriatezza prescrittiva, aderenza alle cure e prevenzione, in un contesto di spesa pubblica in aumento e disuguaglianze territoriali ancora marcate.

Parallelamente si evidenzia come le trasformazioni organizzative del servizio sanitario, come delineato dal DM 77, puntano a potenziare l’assistenza territoriale attraverso l’implementazione di centri diabetologici multidisciplinari, il ruolo attivo dei medici di medicina generale, delle case di comunità e della farmacia dei servizi, supportati da sistemi informatici integrati e dal Fascicolo Sanitario Elettronico interoperabile.

Questi interventi sono essenziali per garantire un accesso uniforme e personalizzato alle cure, rispondendo alle esigenze quotidiane delle persone con diabete. Nonostante i progressi, è imprescindibile continuare a investire in programmi di prevenzione, promuovendo stili di vita sani e agendo sui determinanti ambientali e comportamentali della malattia. Il PNRR rappresenta un’opportunità strategica per rafforzare ulteriormente l’assistenza diabetologica in Italia, favorendo la digitalizzazione, l’innovazione e la collaborazione tra tutti gli attori del sistema sanitario, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita delle persone con diabete e di contenere i costi sanitari a lungo termine.