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Covid e fertilità. Nuovo studio conferma danni agli spermatozoi

30 giugno - Negli uomini che hanno avuto Covid-19, gli spermatozoi risultano meno numerosi e più lenti, anche a distanza di oltre 3 mesi dall’infezione. E questo anche se l’infezione è stata di grado lieve. È sempre più a lungo termine, dunque, il danno alla qualità spermatica che sembrerebbe apportare il virus Sars-CoV2, sotto la lente dei ricercatori durante e dopo la pandemia anche per monitorarne gli effetti sulla fertilità. A parlarne sono stati esperti dell’Ur International Group at the Scientific Reproduction Unit di Madrid, in occasione del 39esimo Congresso annuale della Società europea di riproduzione umana ed embriologia (Eshre) in corso a Copenhagen.

 

La premessa è doverosa: le ripercussioni di questo virus sulla fertilità sono ancora da studiare e approfondire. Rocio Núñez-Calonge e il suo team ha indagato sulla durata di questo ‘danno’, che era già stato dimostrato in precedenza come effetto simile a quello provocato da qualsiasi stato infiammatorio e febbrile, in pazienti seguiti da cliniche spagnole di fecondazione assistita. “Poiché servono circa 78 giorni per produrre nuovo sperma - spiega l’esperto - ci è sembrato opportuno valutarne la qualità almeno 3 mesi dopo la guarigione” da Covid. “La nostra ipotesi era che sarebbe migliorata con la produzione di nuovi spermatozoi, ma così non è stato. Al momento, non sappiamo quanto tempo potrebbe essere necessario per ripristinare la qualità spermatica” pre-infezione, e non possono essere esclusi “danni permanenti anche negli uomini che hanno avuto solo un’infezione lieve”.

Tra febbraio 2020 e ottobre 2022 gli autori hanno arruolato 45 uomini, età media 31 anni, in 6 cliniche di riproduzione della Spagna. Tutti avevano una diagnosi confermata di Covid-19 lieve e i centri disponevano delle analisi di campioni di sperma prelevati prima del contagio; un altro campione è stato prelevato tra 17 e 516 giorni dopo l’infezione, con un tempo mediano fra il prelievo pre-Covid e quello post pari a 238 giorni. I ricercatori hanno esaminato tutti i campioni prelevati fino a 100 giorni dopo Covid-19, e un sottogruppo è stato analizzato anche oltre 100 giorni dopo.

È risultata una differenza statisticamente significativa nel volume di sperma (-20%, da 2,5 a 2 millilitri), nella concentrazione di spermatozoi (-26,5%, da 68 a 50 milioni per ml), nella conta di spermatozoi (-37,5%, da 160 a 100 milioni/ml), nella motilità totale (-9,1%, dal 49% al 45%) e nella quota di spermatozoi vivi (-5%, dall’80% al 76%). Dopo Covid, rispetto a prima, metà pazienti avevano una conta spermatica totale del 57% inferiore. E anche a distanza di 100 giorni dall’infezione, la concentrazione e la mobilità degli spermatozoi non erano migliorate. Secondo Núñez-Calonge “la compromissione dei parametri” indice di qualità “dello sperma potrebbe non essere dovuta a un effetto diretto del virus Sars-CoV-2. E’ probabile che ulteriori fattori, attualmente sconosciuti, contribuiscono alla diminuzione di questi parametri a lungo termine”. Inoltre “in questo studio non abbiamo misurato i livelli ormonali” e in effetti “intense variazioni nel testosterone, attore chiave nella salute riproduttiva maschile, sono stati precedentemente segnalati in pazienti maschi con infezione Covid”. Ciò premesso, rimarca lo specialista, “riteniamo che i medici dovrebbero essere consapevoli dei possibili effetti dannosi del virus sulla fertilità maschile”.

 

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