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Antibioticoresistenza. Ecdc e Efsa: “Necessario un impegno costante per combattere il fenomeno nell’uomo e negli animali”

1 marzo - “La resistenza agli antimicrobici rimane un grave problema di salute pubblica che deve essere affrontato su vari fronti e da diversi attori. Sono necessarie azioni chiave, quali la promozione di un uso prudente degli antimicrobici, il sostegno al miglioramento delle pratiche di prevenzione e controllo delle infezioni, il rafforzamento della ricerca e dell’innovazione nello sviluppo di nuovi antimicrobici e la garanzia di politiche e procedure a livello nazionale”.

La resistenza dei batteri Salmonella e Campylobacter agli antimicrobici comunemente usati continua a essere osservata frequentemente nell’uomo e negli animali, secondo una relazione pubblicata dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc).

Tuttavia, la resistenza combinata agli antimicrobici di importanza critica rimane molto bassa, tranne che in alcuni tipi di Salmonella e Campylobacter coli in alcuni Paesi.

Inoltre, è aumentata la percentuale di isolati di Escherichia coli provenienti da animali da produzione alimentare che presentano “suscettibilità completa” o “resistenza zero” agli antimicrobici chiave. Questo dato, insieme alla diminuzione della prevalenza di isolati di E. coli che producono ESBL o AmpC - enzimi che possono rendere inefficaci alcuni antibiotici - dimostra i progressi compiuti nella riduzione della resistenza antimicrobica (Amr) nell’E. coli proveniente da animali da produzione alimentare in diversi Stati membri dell’UE.

Mike Catchpole, scienziato capo dell’Ecdc e Carlos Das Neves, scienziato capo dell’Efsa, hanno dichiarato: “Se da un lato abbiamo visto risultati positivi dalle azioni per ridurre la resistenza antimicrobica, dall’altro è essenziale un continuo impegno congiunto per affrontare questa minaccia globale. L’approccio One Health ci ricorda che per affrontare la resistenza antimicrobica è necessaria una collaborazione tra diversi settori, come la salute umana, la salute animale e l’ambiente”.

Per la Salmonella, la resistenza ai carbapenemi è stata riscontrata in isolati provenienti dall’uomo, ma non da animali da produzione alimentare; per l’E. coli, la resistenza ai carbapenemi è stata rilevata in isolati provenienti da animali da produzione alimentare. Sebbene la presenza di resistenza ai carbapenemi sia attualmente riportata a livelli molto bassi in isolati provenienti sia dall’uomo che dagli animali, negli ultimi anni un numero maggiore di Paesi ha segnalato la presenza di batteri che producono enzimi carbapenemasi in varie specie animali. “Ciò richiede attenzione e ulteriori indagini, poiché i carbapenemi sono un gruppo di antibiotici di ultima istanza e qualsiasi rilevamento di resistenza è preoccupante”.

Tra il 2013 e il 2022, per quanto riguarda gli esseri umani, almeno la metà dei Paesi dichiaranti ha osservato una tendenza all’aumento della resistenza ai fluorochinoloni negli isolati di Salmonella Enteritidis e Campylobacter jejuni, solitamente associati al pollame. Questo dato è preoccupante per la salute pubblica, poiché nelle rare occasioni in cui le infezioni da Salmonella o Campylobacter si trasformano in malattie gravi, i fluorochinoloni sono tra gli antimicrobici utilizzati per il trattamento.

Un terzo dei Paesi ha osservato una tendenza alla diminuzione della resistenza ai macrolidi negli isolati di Campylobacter provenienti dall’uomo, in particolare per C. coli. Questo dato è degno di nota, poiché l’aumento della resistenza ai fluorochinoloni significa che i macrolidi stanno diventando sempre più importanti per il trattamento delle infezioni gravi di origine alimentare nell’uomo.

In due terzi dei Paesi dichiaranti, la resistenza degli isolati umani alle penicilline e alle tetracicline è diminuita nel tempo nella Salmonella Typhimurium, solitamente associata a suini e vitelli. Questi antimicrobici sono spesso utilizzati per trattare le infezioni batteriche nell’uomo e negli animali.

“La resistenza agli antimicrobici rimane un grave problema di salute pubblica che deve essere affrontato su vari fronti e da diversi attori. Per ridurre la comparsa e la diffusione di batteri resistenti agli antimicrobici sono necessarie azioni chiave. Queste includono la promozione di un uso prudente degli antimicrobici, il sostegno al miglioramento delle pratiche di prevenzione e controllo delle infezioni, il rafforzamento della ricerca e dell’innovazione nello sviluppo di nuovi antimicrobici e la garanzia di politiche e procedure a livello nazionale”, concludono Ecdc e Efsa.

 

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