Covid. “La quarantena dei contagiati non limita la loro libertà personale”. Pubblicata la sentenza della Corte Costituzionale
27 maggio - La decisione, il cui esito era già stato anticipato in un comunicato stampa della Consulta a inizio aprile, nasce dalla richiesta di un intervento della Corte da parte del Tribunale di Reggio Calabria che riteneva costituzionalmente illegittima la norma penale (articolo1, sesto comma, e 2, terzo comma, del dl n. 33 del 2020, convertito nella legge n. 74 del 2020), perché non prevede che il provvedimento dell’autorità sanitaria sia convalidato entro 48 ore dal giudice, come stabilisce l’articolo 13 della Costituzione sulla libertà personale, in applicazione della cd riserva di giurisdizione. LA SENTENZA
“La quarantena imposta ai malati di Covid-19, così come regolata dalle disposizioni impugnate, è una misura restrittiva di carattere generale, introdotta dalla legge per motivi di sanità, che limita la libertà di circolazione (articolo 16 della Costituzione), e non quella personale (articolo 13). Essa infatti non implica alcun giudizio sulla personalità morale e la dignità sociale della persona risultata positiva, tale da richiedere la valutazione del giudice”.
Lo scrive la Corte Costituzionale nella motivazione della sentenza n. 127 depositata ieri (redattore Augusto Barbera) con cui la Consulta ha escluso che violi la libertà personale l’incriminazione di chi esca di casa, dopo un provvedimento dell’autorità sanitaria che glielo vieta a causa della positività al virus Sars-Cov-19.
La Corte sottolinea ancora che “l’applicazione della misura obbligatoria dell’isolamento, o il suo mantenimento, non permette l’uso della coercizione fisica, perché, salve le eventuali conseguenze penali, chi è stato posto in quarantena è in condizione di sottrarsi alla misura senza che sia possibile impedirglielo fisicamente”.
La decisione, il cui esito era già stato anticipato in un comunicato stampa della Consulta a inizio aprile, nasce dalla richiesta di un intervento della Corte da parte del Tribunale di Reggio Calabria che riteneva costituzionalmente illegittima la norma penale (articolo1, sesto comma, e 2, terzo comma, del dl n. 33 del 2020, convertito nella legge n. 74 del 2020), perché non prevede che il provvedimento dell’autorità sanitaria sia convalidato entro 48 ore dal giudice, come stabilisce l’articolo 13 della Costituzione sulla libertà personale, in applicazione della cd riserva di giurisdizione.
La censura non è stata accolta e la Corte ha anche escluso che la misura dell’isolamento sia in alcun modo paragonabile a quelle “degli arresti domiciliari e della detenzione domiciliare”, richiamate dal Tribunale di Reggio Calabria.
Entrambe, infatti, - sottolinea una note della Corte Costituzionale – “sono instaurate, o ripristinate, anche con l’impiego della forza fisica, e appartengono alla sfera del diritto penale, mentre la circostanza di avere contratto il virus Sars-Cov-19 non comporta valutazioni sulla responsabilità personale”.
“Pertanto – prosegue la nota - il fatto che la norma incriminatrice stabilisca che l’isolamento consegue a un provvedimento dell’autorità sanitaria non comporta la necessità costituzionale che tale provvedimento sia convalidato dal giudice ai sensi dell’articolo 13 della Costituzione”.
Anzi. Poiché siamo nel campo della libertà di circolazione, secondo la Corte “la norma penale avrebbe anche potuto introdurre un reato che consiste nel circolare, benché consapevoli di essere positivi al virus Sars-Cov-19, senza necessità che l’obbligo dell’isolamento sia prescritto da un apposito provvedimento amministrativo”.