Oms: “Il 51% dei post sui vaccini Covid sono fake news. Servono nuove politiche per l’informazione sui social media”
2 settembre - Lo rileva una nuova review curata dall’Oms su infodemia e disinformazione sanitaria. Quattro studi esaminati nel documento hanno esaminato la percentuale di disinformazione sanitaria sui social media e hanno scoperto che raggiungeva fino al 51% nei post associati ai vaccini, fino al 28,8% nei post associati al Covid e fino al 60% in post relativi alle pandemie. Tra i video di YouTube sulle malattie infettive emergenti, è stato riscontrato che il 20-30% conteneva informazioni imprecise o fuorvianti. LO STUDIO
Interpretazioni errate delle informazioni sanitarie, che aumentano durante epidemie e disastri, hanno spesso un impatto negativo sulla salute mentale delle persone e aumentano l’esitazione nei confronti del vaccino e possono ritardare la fornitura di assistenza sanitaria. Lo rileva una recente review “Infodemia e disinformazione sanitaria: una revisione sistematica delle revisioni”, curata dall’Oms appena pubblicata.
Tuttavia secondo gli autori gli effetti dell’infodemia e della disinformazione sanitaria online possono essere contrastati “sviluppando azioni e politiche legali, creando e promuovendo campagne di sensibilizzazione, migliorando i contenuti relativi alla salute nei mass media e aumentando l’alfabetizzazione digitale e sanitaria delle persone”.
La revisione sistematica degli studi pubblicati ha rilevato 31 revisioni sistematiche che hanno analizzato notizie false, disinformazione, disinformazione e infodemia relative alla salute. La disinformazione è stata definita come informazioni false o inaccurate deliberatamente destinate a ingannare, ma la disinformazione includeva anche informazioni fuorvianti o distorte, narrazioni o fatti manipolati e propaganda.
Gli autori hanno raccolto, confrontato e riassunto queste prove al fine di identificare i modi per affrontare gli effetti negativi delle false informazioni sanitarie sulla salute pubblica.
Comprendere il ruolo dei social media nella diffusione della disinformazione
“Twitter, Facebook, YouTube e Instagram sono fondamentali per diffondere la rapida e ampia diffusione delle informazioni”, spiegano gli autori. Le ripercussioni della disinformazione sui social media includono effetti negativi come “un aumento dell’interpretazione errata delle conoscenze scientifiche, la polarizzazione delle opinioni, l’escalation di paura e panico o un ridotto accesso all’assistenza sanitaria”.
La maggiore diffusione della disinformazione sanitaria in un’emergenza sanitaria è accelerata dal facile accesso ai contenuti online, in particolare sugli smartphone. “Durante crisi come focolai di malattie infettive e disastri, la sovrapproduzione di dati da più fonti, la qualità delle informazioni e la velocità con cui le nuove informazioni vengono diffuse creano impatti sociali e sanitari”.
Gli autori hanno scoperto che i social media hanno diffuso informazioni sanitarie di scarsa qualità durante pandemie, crisi umanitarie ed emergenze sanitarie a un ritmo crescente: “Tale diffusione di prove inaffidabili su argomenti sanitari amplifica l’esitazione sui vaccini e promuove trattamenti non provati”.
Contrastare la disinformazione online
Quattro studi esaminati nel documento hanno esaminato la percentuale di disinformazione sanitaria sui social media e hanno scoperto che raggiungeva fino al 51% nei post associati ai vaccini, fino al 28,8% nei post associati a Covid-19 e fino al 60% in post relativi alle pandemie. Tra i video di YouTube sulle malattie infettive emergenti, è stato riscontrato che il 20-30% conteneva informazioni imprecise o fuorvianti.
Gli esperti e gli operatori sanitari sono tra quelli nella posizione migliore per confutare la disinformazione e indirizzare gli utenti a fonti di informazione basate sull’evidenza. Le contromisure includono campagne di sensibilizzazione per pazienti e operatori sanitari, piattaforme con dati basati sull’evidenza, l’inclusione di prove scientifiche nei contenuti relativi alla salute nei mass media e sforzi per migliorare l’alfabetizzazione mediatica e sanitaria.
“Promuovere e diffondere informazioni sanitarie affidabili è fondamentale per i governi, le autorità sanitarie, i ricercatori e i medici per superare le informazioni sanitarie false o fuorvianti diffuse nei social media”, affermano ancora gli autori che sottolineano d’altra parte come i canali dei social media potrebbero essere utilizzati per contrastare informazioni false o fuorvianti, anche se potrebbero essere necessari ulteriori studi per valutare il formato migliore per realizzare questa contro informazione e per determinare quali canali funzionano meglio per diverse popolazioni, contesti geografici e contesti culturali.
Effetti della disinformazione online sui comportamenti di salute delle persone
La revisione sistematica ha rilevato che le persone provano disagio mentale, sociale, politico e/o economico a causa di contenuti fuorvianti e falsi relativi alla salute sui social media durante pandemie, emergenze sanitarie e crisi umanitarie.
Tuttavia, non tutti gli effetti dei social media sono stati negativi durante la pandemia di Covid-19. Otto revisioni hanno riportato risultati positivi e alcune hanno rilevato che diverse piattaforme di social media hanno generato conoscenze e consapevolezza significativamente migliori, una maggiore conformità alle raccomandazioni sulla salute e comportamenti più positivi tra gli utenti rispetto ai modelli classici di diffusione delle informazioni.
Il documento riconosce il ruolo dei social media nella comunicazione e nella gestione delle crisi durante le emergenze sanitarie, ma sottolinea la necessità di contrastare la produzione di disinformazione su queste piattaforme. Sono necessari sforzi locali, nazionali e internazionali, nonché ulteriori ricerche.
“La ricerca futura dovrebbe studiare l’efficacia e la sicurezza delle misure correttive e interventistiche guidate dal computer contro la disinformazione sanitaria, la disinformazione e le notizie false e modi su misura per condividere contenuti relativi alla salute sulle piattaforme dei social media senza messaggi distorti”.