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Ecdc: “In Europa più di 35.000 morti l’anno per infezioni resistenti agli antimicrobici”. E di queste circa 11mila avvengono in Italia

18 novembre - Il numero stimato di decessi nel rapporto prende in esame gli anni 2016-2020 e mostra un aumento rispetto alle stime precedenti. Il dato italiano comunicato lo scorso 17 novembre nel corso della conferenza stampa di Aifa. L’impatto sulla salute della resistenza antimicrobica (AMR), sottolinea l’Ecdc, è paragonabile a quello dell’influenza, della tubercolosi e dell’HIV/AIDS messi insieme. Consumo italiani di antibiotici leggermente superiore alla media europea: 17,5 dosi medie assunte giornalmente per 1.000 abitanti a fronte di una media UE/SEE di 16,4 dosi. IL RAPPORTO

Secondo le stime presentate in un nuovo rapporto pubblicato dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), più di 35.000 persone muoiono ogni anno a causa di infezioni resistenti agli antimicrobici nei Paesi della dell’UE/SEE. E lìItalia da sola, come ha ricordato stamattina durante una conferenza stampa di Aifa la a prof.ssa Evelina Tacconelli, dell’Università degli Studi di Verona, coordinatrice del Gruppo di lavoro CTS AIFA Opera (Ottimizzazione della PrEscRizione Antibiotica), la stima parla di 11mila morti, vale a dire che in sostanza circa una morte su tre per infezioni dovute a resistenza agli antibiotici avviane nel nostro Paese.

Il numero stimato di decessi nel rapporto prende in esame gli anni 2016-2020 e mostra un aumento rispetto alle stime precedenti. L’impatto sulla salute della resistenza antimicrobica (AMR), sottolinea l’Ecdc, è paragonabile a quello dell’influenza, della tubercolosi e dell’HIV/AIDS messi insieme.

“Vediamo aumenti preoccupanti nel numero di decessi attribuibili a infezioni da batteri resistenti agli antimicrobici, in particolare quelli che sono resistenti al trattamento antimicrobico di ultima linea”, ha affermato Andrea Ammon, direttore dell’ECDC.

“Ogni giorno – ha aggiunto - quasi 100 persone muoiono a causa di queste infezioni nell’UE/SEE. Per questo sono necessari ulteriori sforzi per continuare a ridurre l’uso non necessario di antimicrobici, migliorare le pratiche di prevenzione e controllo delle infezioni, progettare e attuare programmi di gestione antimicrobica e garantire un’adeguata capacità microbiologica a livello nazionale”.

Nel complesso, i dati più recenti mostrano tendenze in aumento significativo nel numero di infezioni e decessi attribuibili per quasi tutte le combinazioni di batterio-antibiotico-resistenza, soprattutto in ambito sanitario.

Nel 2021, il numero di casi segnalati di specie Acinetobacter resistenti a diversi gruppi antimicrobici è stato più del doppio (+121%) rispetto alla media del periodo 2018-2019.

Un altro esempio è la percentuale di casi di Klebsiella pneumoniae resistenti ai carbapenemi – un antibiotico spesso utilizzato come ultima risorsa – di cui si è registrato un aumento del 31% nel 2020 e un ulteriore aumento del 20% nel 2021.

Si tratta di agenti patogeni difficilmente sradicabili una volta insediatisi nelle strutture sanitarie. Inoltre, il numero di casi segnalati di Candida auris è quasi raddoppiato tra il 2020 e il 2021 ed è stato notevolmente superiore rispetto agli anni precedenti. Candida auris, lo ricordiamo, è un patogeno fungino che causa focolai di infezioni invasive associate all’assistenza sanitaria e può essere resistente a più agenti antifungini.

Nel 2021, il consumo totale medio (farmacia e ospedale) di antibatterici per uso sistemico (gruppo ATC J01) nell’UE/SEE era di 16,4 dosi medie assunte giornalmente (DDD) per 1.000 abitanti, lo stesso del 2020. Il consumo variava da 8,3 nei Paesi Bassi a 25,7 in Romania.
In Italia il consumo totale di antibatterici per uso sistemico è stato nel 2021 di 17,5 DDD (Per un approfondimento sui dati italiani vedi anche il nuovo Rapporto Iss).

Il rapporto segnala che nell’UE/SEE durante il periodo 2012-2021 è stata comunque osservata una diminuzione del 23% del consumo totale di antimicrobici negli esseri umani, nei settori delle cure primarie e ospedaliero combinati.

Ma, osserva l’Ecdc, anche se questo è un buon risultato va detto che c’è stato contemporaneamente un aumento della percentuale di antibiotici “ad ampio spettro” utilizzati, in particolare negli ospedali.

Tra il 2012 e il 2021 negli ospedali il loro consumo è aumentato mediamente del 15%, con punte del 34% per il consumo di carbapenemi e del 34% per la quota di antibiotici “di riserva”, cioè di antibiotici da riservare al trattamento di sospette o confermate infezioni da polifarmaci che sono più che raddoppiate nello stesso lasso di tempo.

Le percentuali di AMR riportate variavano ampiamente tra i paesi per diverse combinazioni di specie batteriche e gruppi antimicrobici.

In generale, le percentuali più basse di resistenza antimicrobica sono state segnalate dai paesi del nord Europa e le più alte dai paesi del sud e dell’est dell’Europa.

 

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