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Infezioni sessualmente trasmesse. Trend in discesa, ma preoccupa aumento prevalenza di persone affette da HIV. È allarme clamidia tra i giovani. Il report dell’Istituto superiore di sanità

1 luglio - Nel 2020 le IST sono diminuite del 23% rispetto al 2019, solo tra i Msm i casi aumentano. La prevalenza di HIV tra le persone con IST è pari al 15%, non succedeva da 30 anni, e quella tra le persone con una IST confermata è circa cinquanta volte più alta di quella stimata nella popolazione generale italiana. Tra i ragazzi dai 15 ai 24 anni la prevalenza da Calmidia è quadrupla rispetto agli over 24. Diminuiti del 30% i casi di condilomi ano-genitali grazie alle vaccinazioni Hpv. IL REPORT

 

Luci e ombre sulle infezioni sessualmente trasmesse. Dal 2017 il trend del numero delle persone con una IST confermata è in discesa, un cambio di rotta importante considerando che dal 2004 i dati le davano in costante rialzo. In particolare, tra il 2019 e il 2020, sono diminuite del 23%, con un calo evidente soprattutto tra le donne (-29,1%) e più ridotto negli uomini eterosessuali (-15,5%).

Dati incoraggianti dunque? Non proprio. Innanzitutto perché i numeri relativi al 2020 hanno risentito dell’emergenza Covid-19 e il suo impatto potrà essere correttamente valutato solo verificando i dati dei prossimi anni (pensiamo solo che il numero di test effettuati per una IST si è ridotto del 35% rispetto all’anno prima); e poi perché dal confronto tra il 2020 e il 2019, emerge un incremento del 17,4% dei casi annui di IST nei maschi che fanno sesso con maschi (MSM).

Soprattutto la prevalenza di HIV tra le persone con IST nel 2020 è arrivata al 15%: un valore così alto non si era mai visto negli ultimi 30 anni, con un aumento del 40% rispetto al 2019, in modo particolare tra gli stranieri. Per fare un confronto, la prevalenza di infezione da HIV tra le persone con una IST confermata è circa cinquanta volte più alta di quella stimata nella popolazione adulta generale italiana.

Last but not least, è allarme clamidia tra i giovani 15-24 anni: mostrano una prevalenza di infezione da Chlamydia trachomatis quadrupla rispetto alle persone di età superiore. Un’infezione che mette a rischio infertilità le ragazze.

Comunque una buona notizia c’è: dal 2018 i casi di condilomi ano-genitali sono diminuiti del 30%, un arretramento probabilmente riconducibile all’efficacia delle campagne vaccinali anti-HPV in femmine e maschi, che incoraggia a perseguire e proseguire con le campagne vaccinali.

È questo lo scenario delle Infezioni sessualmente trasmesse (IST) tracciato nel report dell’Istituto superiore di sanità in base ai dati dei due sistemi di sorveglianza sentinella attivi in Italia nel 2020.

I dati fotografano non solo i dati 2020 comparati con l’anno pre pandemia ma anche l’andamento delle IST dal 1991 al 2020. Con Barbara Suligoi, Direttore del Centro Operativo Aids del Dipartimento di Malattie Infettive dell’ISS abbiamo cercato di capire qual è lo stato dell’arte e quali sono contromisure da intraprendere.

“Le IST nonostante il lockdown, continuano ad esserci e la diminuzione osservata potrebbe avere rimbalzi negli anni futuri – ha spiegato a Quotidiano Sanità Barbara Suligoi – soprattutto l’HIV circola in modo molto marcato, addirittura nella popolazione con Ist mostra una prevalenze di 50 volte superiore alla popolazione generale sessualmente attiva, a testimonianza di quanto l’associazione tra IST e Hiv sia ancora molto forte. Purtroppo nel 2020 solo il 50% delle persone con Ist sono state testate per HIV, quando invece è noto che questo test dovrebbe essere effettuato in tutti i casi di infezione trasmessa per via sessuale, proprio per l’elevata associazione di cui sopra. Desta preoccupazione non solo l’elevata prevalenza HIV arrivata al 15% tra le persone con IST, ma anche che ogni 10 soggetti risultati positivi all’HIV, 8 già sapevano di essere sieropositivi: questo significa che è necessario migliorare l’informazione sulle misure protettive per prevenire le IST. Una scarsa attenzione alla protezione può esitare in fastidiose ed evitabili infezioni”.

Preoccupa anche l’aumento della clamidia nelle fasce di età più giovani, in modo particolare per le ragazze. “Mentre nel maschio la malattia si risolve con la terapia antibiotica e raramente comporta delle complicanze – aggiunge Barbara Suligoi – per le ragazze il discorso è diverso. I sintomi nelle donne possono infatti essere lievi, sottovalutati o confusi con ‘banali’ perdite vaginali; se trascurati, il micro organismo può risalire le vie genitali fino alle tube causando una malattia infiammatoria pelvica, che può venir confusa con dolori da ovulazione, mestruali, intestinali oppure anche con appendicite. Se non trattata, l’infiammazione tubarica può complicarsi ed esitare in un’occlusione delle tube con danni sulla capacità riproduttiva. Insomma – prosegue – una infezione che se curata precocemente può risolversi con una semplice terapia antibiotica, in assenza di una diagnosi e cura tempestiva può portare all’infertilità. Si è visto che la clamidia è asintomatica in tre quarti delle pazienti. Ecco perché raccomandiamo di prestare grande attenzione ad alcuni segnali e soprattutto di rivolgersi sempre al ginecologo. Inoltre per individuare una infezione da clamidia ora è possibile fare un semplice test delle urine, che evita alla ragazze, magari più timide, di sottoporsi a tamponi vaginali”.

Per l’Iss bisogna mettere in campo azioni ad hoc. I risultati, ha spiegato il Direttore del Centro Operativo Aids del Dipartimento di Malattie Infettive dell’ISS, sottolineano la necessità di mettere in atto una strategia nazionale per il controllo delle IST che favorisca la diagnosi e il loro trattamento precoce. Soprattutto occorre la promozione del test HIV a tutti i pazienti con una IST, in accordo con quanto previsto dal Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2025, e una collaborazione attiva tra strutture ospedaliere e territorio per favorire l’assistenza dei pazienti con IST attraverso un Percorso Integrato di Cura (PIC) della persona a rischio di o con IST.

Non solo, occorre migliorare il contact tracing delle persone con IST, promuovere la terapia del partner delle persone con una IST e sostenere la prevenzione primaria favorendo la vaccinazione anti-HPV, anti-epatite B, anti-epatite A. Bisogna inoltre incrementare le attività di informazione sulle IST (far conoscere sintomi, segni e complicanze delle IST) ed educare alla salute sessuale attraverso le “Regole del Sesso Sicuro”, in altre parole: uso corretto del condom, riduzione del numero dei partner sessuali, consumo consapevole dell’alcool evitando l’uso di sostanze stupefacenti. Infine, suggerisce, bisogna elaborare un piano nazionale pluriennale per la prevenzione delle IST che miri a ridurre il numero di persone con IST facilitando l’accesso ai servizi specialistici.

Ma vediamo i principali dati emersi

L’andamento delle Ist
Dal 1991-2020 le patologie più frequente mente segnalate sono state i condilomi ano-genitali (62.890 casi, 43,2% del totale), la sifilide latente (11.770 casi, 8,1% del totale) e l’herpes genitale (10.390 casi, 7,1% del totale). Sono soprattutto gli uomini i più colpiti (il 71,6% (n. 104.331) vs 28,4% (n. 41.291) delle donne.). L’età media è stata di 32 anni (30 anni per le donne - 33 anni per gli uomini.  Nel 2020, le percentuali sono cresciute nel sesso maschile (76,8% (n. 3.645) contro il 23,2% (n. 1.103) delle donne. L’età media è stata di 33 anni.

Tirando le somme negli ultimi anni è diminuito il numero delle persone con una IST confermata. Tra il 2018 e il 2019 c’è stata una riduzione del 6%, mentre tra il 2019 e il 2020 la riduzione è stata del 22,9% soprattutto tra gli uomini eterosessuali che sono andati incontro a una riduzione del 48% circa dei casi di IST segnalati tra il 2013 ed il 2020. Tra il 2000 e il 2019, c’è stato un incremento del 23,2% dei casi annui di IST nelle donne, e nello stesso periodo sono aumentati anche i casi annui di IST negli MSM del 28,3%.

Clamidia (Chlamydia trachomatis). Dal 1991 al 2020, sono stati 10.492 i nuovi casi di Clamidia (Ct). Il 69,5% (n. 7.292) è stato diagnosticato in uomini e il 30,5% (n. 3.200) in donne con un’età mediana di 29 anni. Soprattutto le diagnosi sono state più frequenti nei giovani tra 15 e i 24 anni (10,2%) rispetto a quelli tra i 25-44 anni (7,4%) e agli over 45 (3,6%). Il 20,9% (n. 2.107) era di nazionalità straniera (Paesi europei europei 49% e Africa 29%). La maggioranza delle persone colpite il 57,1% ha dichiarato di avere avuto da due a cinque partner. Per quanto riguarda le modalità di trasmissione, il 53,4% dei casi è stato segnalato in uomini eterosessuali, il 14,5% in MSM e il 32,2% in donne. Nel 2020, i centri hanno segnalato 600 nuovi casi. I casi di Ct hanno mostrato un aumento dopo il 2008, con un incremento di quasi quattro volte tra il 2008 e il 2019. Al contrario nel 2020 il numero di casi segnalati è diminuito del 25% rispetto al 2019. In particolare, nel 2020 i casi di infezione da Ct nelle donne sono diminuiti del 35%, dopo un aumento costante dal 2008. Diversamente, questa riduzione nel 2020 non si è osservata negli MSM, dove dal 2008 i casi di infezione da Ct sono aumentati di circa 9 volte.

HIV. La percentuale di soggetti con IST testati per HIV è diminuita dal 1991 al 2000, passando dal 76,0% al 52,0%, successivamente è aumentata raggiungendo il picco massimo nel 2005 (79,3%). Nel 2020 la percentuale dei soggetti con IST testati per HIV è stata del 49,6%, analogamente a quanto rilevato nel 2019.

La percentuale di MSM con IST testati per HIV è stata sempre più alta, nell'intero periodo, rispetto a quella degli eterosessuali sia uomini che donne; in particolare, nel 2020 la percentuale di MSM con IST testati per HIV è stata pari al 76,4%, mentre quella degli uomini eterosessuali è stata pari al 47,4% e quella delle donne è stata pari al 41,8%. Inoltre, la percentuale di stranieri con IST testati per HIV è stata sempre più alta, nell'intero periodo, rispetto alla percentuale degli italiani; nel 2020 la percentuale di stranieri con IST testati per HIV è stata pari al 50,6%, mentre quella degli italiani è stata pari al 49,9%.

Progressivo incremento delle prevalenza HIV . Dal 2008 si è assistito a un incremento progressivo della prevalenza HIV in soggetti con IST, con un primo picco di 11,7% nel 2016 e un secondo picco di 15,0% nel 2020. Nel 2020 la prevalenza HIV è aumentata del 40% circa rispetto al 2019. Durante l’intero periodo, la prevalenza di HIV è stata sempre più alta negli MSM mostrando un aumento costante dal 2008 (29,4% nel 2020), mentre negli eterosessuali è diminuita progressivamente (2,5% nel 2020). Negli ultimi tre anni è più che raddoppiata la prevalenza HIV negli stranieri (8,0% nel 2018 vs 20,4% nel 2020).

Condilomi ano-genitali. Dal 1° gennaio 1991 al 31 dicembre 2020, il Sistema di sorveglianza ha segnalato un totale di 62.890 nuovi casi di condilomi genitali.  Il 73,2% (n. 46.044) è stato diagnosticato in uomini e il 26,8% (n. 16.846) in donne. Colpite le persone con un’età mediana di 31 anni. In particolare le diagnosi di condilomi genitali sono risultate più frequenti nella fascia di età tra i 15 e i 24 anni (44,5%) rispetto a quelli tra i 25-44 anni (43,9%) e agli over 45 (39,6%). Il 13,2% (n. 7.840) era di nazionalità straniera, di questi la maggior parte proveniva da altri Paesi europei e dall’Africa (rispettivamente, 45,9% e 26,6%). Più della metà dei soggetti con condilomi genitali (55,9%) ha riferito di non avere avuto nessuno o un partner sessuale nei sei mesi precedenti la diagnosi, il 37,5% da due a cinque partner e il 6,6% sei o più. Il 57,9% dei condilomi genitali è stato segnalato in uomini eterosessuali, il 14,1% in MSM e il 28,1% in donne. Nel 2020, i centri hanno segnalato 2.307 nuovi casi di condilomi genitali.

Il numero annuo di segnalazioni di condilomi ano-genitali ha mostrato un incremento (di circa tre volte) dal 2000 al 2016. In particolare, dal 2018 si è osservata una riduzione del 30,7% del numero di casi di condilomi ano-genitali, molto probabilmente attribuibile alle campagne vaccinali anti-HPV in femmine e maschi. Nel 2020 si è osservata una riduzione del 23% circa rispetto al 2019.

Herpes genitale. Dal 1991 al sono stati 10.390 i nuovi casi di herpes genitale. Il 71,8% (n. 7.465) è stato diagnosticato in uomini e il 28,2% (n. 2.925) in donne con un’età mediana di 35 anni. Il 16,8% (n. 1.672) era di nazionalità straniera, di questi la maggior parte proveniva da altri Paesi europei e dall’Africa (rispettivamente, 35,0% e 27,9%). Relativamente alla modalità di trasmissione, il 60,0% dei casi di herpes genitale è stato segnalato in uomini eterosessuali, il 10,5% in MSM e il 29,4% in donne. Nel 2020, i centri hanno segnalato 250 nuovi casi di herpes genitale.

L’andamento delle segnalazioni di herpes genitale ha mostrato dal 2004 un andamento costante, seppure con numerose fluttuazioni. Nel 2020 si è osservata una riduzione del 34% rispetto al 2019. Nelle donne si rileva un incremento dei casi di circa due volte e mezzo tra il 2004 e il 2019 e una lieve riduzione nel 2020. Tra gli MSM si osserva un aumento di casi nel 2020 del 35% rispetto al 2019.

Gonorrea. Sono stati 9.771 i nuovi casi di gonorrea da 1991 al 2020. Una malattia diagnosticata principalmente negli uomini (il 94,3%, n. 9.216), solo il 5,7% (n. 555) erano donne, con un’età mediana di 31 anni. Ad essere colpite sono soprattutto le persone tra i 15 e i 44 anni (7,1%) rispetto agli over 45 (4,9%). Il 24,6% (n. 2.298) era di nazionalità straniera, la maggior parte proveniva da altri Paesi europei e dall’Africa (rispettivamente, 43,0% e 34,8%). Il 64,8% delle persone con gonorrea aveva avuto da due a cinque partner nei sei mesi precedenti la diagnosi. Il 48,9% dei casi di gonorrea è stato segnalato in uomini eterosessuali, il 45% in MSM e il 6,1% in donne. Nel 2020, i centri hanno segnalato 483 nuovi casi di gonorrea. Le segnalazioni di gonorrea sono raddoppiate dal 2015 al 2019, mentre nel 2020 hanno subito una riduzione di circa il 22% rispetto al 2019. Tra gli MSM il trend è in continuo aumento e non si è osservata una flessione dei casi nel 2020.

Sifilide primaria e secondaria. L’andamento dei casi di sifilide I-II è rimasto relativamente stabile fino al 2000. Dopo il 2000 i casi di sifilide I-II hanno evidenziato un aumento rilevante: nel 2005 si è osservato un aumento delle diagnosi di circa cinque volte rispetto al 2000 e un nuovo picco nel 2016. A fronte di una riduzione di casi del 23% negli ultimi quattro anni, solo tra gli MSM si è rilevato un aumento di segnalazioni nell’ultimo anno. Nel 2020 gli MSM costituivano il 75,5% delle segnalazioni. Il numero di casi segnalati è stato di circa il 5% più basso rispetto al 2019.

Sifilide latente. Sono stati 11.770 i nuovi casi di sifilide latente dal 1993 al 2020. Il 66,5% (n. 7.825) dei casi di sifilide latente è stato diagnosticato in uomini e il 33,5% (n. 3.945) in donne con un’età mediana di 39 anni (IQR, 30-50 anni). Il 34,4% (n. 3.896) dei soggetti con sifilide latente era di nazionalità straniera, di questi la maggior parte proveniva da altri Paesi europei e dall’America (rispettivamente, 37,5% e 29,1%). Relativamente alla modalità di trasmissione, il 38,6% dei casi di sifilide latente è stato segnalato in uomini eterosessuali, il 26,4% in MSM e il 35,0% in donne. Nel 2020, i centri hanno segnalato 280 nuovi casi. Le segnalazioni di sifilide latente hanno mostrato due picchi: il primo nel 1992 e il secondo nel 2005. Nel 2020 si è osservata una riduzione del 20% circa rispetto al 2019.  Dal 2004 il trend è stato costantemente in decremento sia per gli uomini eterosessuali che per le donne, mentre negli MSM si è osservato un aumento costante dei casi segnalati fino al 2020. L’andamento dei casi di sifilide latente tra gli italiani si era progressivamente ridotto fino al 2004 e dopo un successivo lieve aumento si è stabilizzato fino al 2020; mentre tra gli stranieri ha mostrato un progressivo aumento delle segnalazioni fino al 2007 e una successiva riduzione fino al 2020.

 

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