Associazione dei Ginecologi Italiani:
ospedalieri, del territorio e liberi professionisti

slider_medici.jpg
topbanner2b.jpg
topbanner3d.jpg

Scheda pratica

Con la consulenza della Dott.ssa Valeria Dubini

  • In Italia l'aborto è in calo, tranne per due gruppi di donne: le minorenni (1.360 richieste al giudice nel 2006, nel 1999, anno di minimo storico, erano 1214), e le immigrate, che da sole assorbono il 31.6% del totale nazionale. L'età media delle minorenni che si rivolgono al giudice per poter abortire si sta abbassando: nel 1995 era di 17 anni, oggi è 16 anni e 9 mesi, con l'1,2% di richieste sotto i 14 anni. Da questi dati allarmanti deriva la proposta di attivare una rete informativa per intervenire fin dagli esordi dell'adolescenza, nel momento in cui i ragazzi sono alla scoperta del proprio corpo. Per “agganciare” le più giovani serve in pratica un approccio collaborativo fra più servizi (scuola, consultorio, medico di base, ginecologo e famiglia): non più, come oggi, strutture indipendenti ma una rete che valorizzi le rispettive risorse e competenze per garantire ai giovani una serena e consapevole educazione sessuale. Purtroppo la realtà attuale ci dice che siamo ancora lontani da questo obiettivo: secondo un'indagine AOGOI, i protocolli di collaborazione tra ospedali e consultori sono esistenti nel 71% dei casi, ma spesso vivono solo sulla carta. Nel 73% dei casi è la stessa paziente a effettuare la prenotazione per l'intervento abortivo, a fronte di solo il 23% in cui provvede il consultorio.

  • Il ginecologo può fornire un valido aiuto alle donne che arrivano a questa difficile decisione, cercando di capire i motivi sottesi a questa scelta e illustrando alla donna le possibili alternative tra cui scegliere. Inoltre il ginecologo, in quanto medico amico delle donne, ha il dovere di spiegare alla donna come auto-proteggersi dalle gravidanze indesiderate. È importante che in questa fase di informazione ed educazione alla protezione sessuale venga coinvolto anche il partner, una figura spesso relegata (o auto-relegata) a un ruolo di sfondo e spesso non coinvolta nella decisione finale dell'aborto. Occorre responsabilizzare maggiormente anche gli elementi maschili della società.

  • Il problema dell'alta incidenza di aborti volontari nelle giovanissime non deve stupire: le ragazze italiane presentano ancora oggi un livello di educazione sessuale insoddisfacente. Da un'indagine SIGO risulta che solo nello 0,3% delle under 19 si può considerare buona e solo una su quattro raggiunge un livello sufficiente. La prima volta è senza precauzioni per una su tre e solo il 50% usa metodi sicuri.

  • A proposito ancora di contraccezione, non tutte le donne sanno che il ricorso alla pillola è possibile subito dopo l'intervento di interruzione volontaria di gravidanza, così come può essere usata, fin da subito, la spirale. In questo secondo caso però c'è un lieve rischio di espulsione, ma non sussistono rischi infettivi o di salute.

  • A tutelare a livello legislativo il diritto della donna alla procreazione cosciente e responsabile c'è una legge, la 194, che regolamenta anche la corretta esecuzione dell'IVG. A ottobre 2008 è stata effettuata dalla Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (SIGO) la prima indagine nazionale sull'applicazione di questa legge. La rilevazione ha preso in esame 45 centri che hanno effettuato da soli il 13.5% delle 127.038 interruzioni volontarie di gravidanza avvenute in Italia nel 2007. L'applicazione concreta della norma è soddisfacente: positiva la presenza di mediatori culturali, garantita per tre strutture su quattro e buoni anche i tempi d'attesa, pari in media a 3.3 giorni per le urgenze e 13.7 per i casi non urgenti. Un fattore chiave per ridurre al minimo le complicanze: se a 7 settimane il rischio relativo è pari a zero, diventa uno a 8, 2 a 9, 4 a 10, e così via, raddoppiando in modo esponenziale con il trascorrere dei giorni. Ancora poco usata l'anestesia locale (17.02%), a vantaggio di quella generale, potenzialmente più rischiosa e maggiormente dispendiosa. Resta alto il numero di obiettori: lo sono il 72% dei medici e il 57% dei primari  e solo il 39.5% degli ospedali assicura la presenza di personale non obiettore disponibile per ogni turno.


[Milano, febbraio 2009]

menu
menu