Scheda pratica
Con la consulenza del Professor Giovanni Monni
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Le probabilità naturali di concepimenti di una coppia giovane, sana e fertile sono in 12 mesi pari al 92%. Quando, dopo un anno di rapporti sessuali regolari non protetti, il concepimento non avviene, una coppia viene definita infertile. Si stima che in Italia circa 500 mila coppie abbiano problemi di infertilità, e che questa sia riconducibile nel 40% dei casi a un fattore maschile, nel 50% a uno femminile e nel restante 10% sia da considerarsi misto. Le cause possono essere maschili, femminili, miste, e sconosciute. Le femminili sono riconducibili ad alterazioni della ovulazione, lesioni tubariche sino alla occlusione tubarica conseguenti ad infezioni o malformazioni uterine. Le più frequenti sono, per la donna, un'ostruzione tubarica (ossia assenza di pervietà delle tube), infezioni genitali frequenti (per esempio da clamidia), o interventi di chirurgia addomino-pelvica. (Fonte: XXV Congresso Nazionale della Società Italiana di Andrologia, Roma 25-28 settembre 2008)
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Le maschili sono caratterizzate dalle alterazioni spermatiche di varia entità ed origine che si traducono in ultima analisi in oligospermia, astenospermia fino alla necrospermia e/o azoospermia conseguenti ad un varicocele, un’infiammazione della prostata, cattive abitudini alimentari come l'abuso di alcool e droghe. Molti casi di infertilità maschile possono essere individuati e risolti con una terapia medica o con un piccolo intervento chirurgico, permettendo così una gravidanza naturale.
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Per proteggere la propria fertilità è importante che la coppia segua uno stile di vita sano. Ma soprattutto è necessario non procrastinare eccessivamente il momento del concepimento, perché il maggior fattore di rischio di infertilità è l'età materna: il picco della fertilità femminile avviene tra i 20 e i 25 anni, dopodichè va diminuendo, soprattutto oltrepassata la soglia del 35esimo anno. Inoltre sia l'uomo che la donna devono prestare molta attenzione alla propria salute riproduttiva fin dalla giovane età, affidandosi, in caso di problemi, al ginecologo e all'andrologo.
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Esistono diverse tecniche di Procreazione Medica assistita (PMA), di I, II o III livello, prime fra tutte la IUI (inseminazione intrauterina), la FIVET (fecondazione in vitro con trasferimento dell'embrione) e la ICSI (iniezione intracitoplasmatica di spermatozoi dentro l'ovocita). In totale sono circa il 10% le coppie che ricorrono alla procreazione assistita, con una percentuale di concepimento del 20-25% per ciascun tentativo, che si traduce in una percentuale di successo con nascita del bambino attorno al 18%. Sono 342 i centri che, in Italia, applicano tecniche di PMA (dato aggiornato al 31 gennaio 2008), distribuiti su tutto il territorio nazionale, con una maggiore presenza in Lombardia, Lazio, Campania e Sicilia.
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Tra queste tecniche la fecondazione in vitro è la più efficace (fino a 3 volte rispetto alle tecniche di I livello). Soprattutto in caso di azzoospermia, cioè completa assenza di spermatozoi nel liquido seminale, questa tecnica permette di utilizzare i pochi spermatozoi prelevati chirurgicamente dal testicolo per fecondare l'ovulo e dare origine a un embrione vitale. I risultati medi di concepimento con fecondazione in vitro utilizzando ovociti freschi arrivano al 30% per tentativo, più elevati rispetto al 10-15% delle tecniche di I livello. Nei casi in cui la fecondazione in vitro non porti al successo sperato, non potendo utilizzare ovociti freschi ne quelli congelati, si procede con successivi tentativi, 1 ogni 3 mesi fino a un massimo di 4 volte/anno.
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L’ultima frontiera nel campo delle metodiche di PMA è la maturazione in vitro degli ovociti (IVM). L’IVM consiste nel recupero dall'ovaio femminile di ovociti immaturi e successiva loro maturazione in laboratorio mediante tecnologie di coltura cellulare. Questa metodica consente di ridurre l’utilizzo di farmaci per la stimolazione delle ovaie limitando i costi e i rischi delle tecniche di fecondazione in vitro. L'impiego IVM è importante anche nell'ambito della preservazione della fertilità in particolare nei casi di tumori femminili. Le cure chemioterapiche o radioterapiche possono, infatti, indurre un esaurimento precoce dell'attività dell'ovaio e compromettere la normale attività riproduttiva della donna.
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In questi casi il prelevamento di alcuni campioni di tessuto ovario sano, prima delle terapie farmacologiche, il suo congelamento e il reimpianto nel corpo al termine della malattia, permetterà ad una donna malata di tumore di preservare la fertilità e diventare un giorno madre.
[Milano, aprile 2009]