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Allattamento al seno. Ecco le raccomandazioni per garantirlo in caso di ricovero ospedaliero della mamma e del bambino

31 luglio 2021 - Arrivano dal Tavolo Tecnico Operativo interdisciplinare (Tas) le raccomandazioni per consentire alla madre di poter stare con il proprio bambino in caso di ospedalizzazione, riducendo così il rischio di interruzione dell’allattamento. Ma anche l’invito ai decisioni politici di definire linee di indirizzo nazionali la cui implementazione potrebbe essere inserita tra gli obiettivi di performance delle strutture. IL DOCUMENTO

 

Dalle soluzioni da attuare per favorire l’allattamento durante eventuali ricoveri del bambino o della madre, quali la spremitura manuale del latte materno, l’uso del tiralatte elettrico e la conservazione e la somministrazione del latte materno, alle raccomandazioni per decisori politici, direzioni aziendali e personale. Ma anche un focus su vere e false controindicazioni ad allattare.
 
È una vera e propria road map dell’allattamento quella contenuta nel documento “La continuità del rapporto madre-bambino e il mantenimento dell’allattamento in caso di ricovero ospedaliero”, pubblicato sul sito del ministero della Salute e curato dal Tavolo Tecnico Operativo interdisciplinare per la promozione dell’allattamento al seno (Tas) composto da Ministero della Salute, Comitato Italiano per Unicef - Fondazione Onlus, Fnomceo, Fiaso, Anmdo, Società Italiana di Pediatria (Sip), Società Italiana di Neonatologia (Sin), Associazione Culturale Pediatri (Acp), Società di Medicina Perinatale (Simp), Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (Sigo), Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (Simit), Fnopo, Fnopi, Fno Tsrm Pstrp e il Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi (Cnop).
Un documento con indicazioni dettagliate per permettere alla madre che allatta di poter stare con il proprio bambino in caso di ospedalizzazione, riducendo così il rischio di interruzione dell’allattamento.
 
 
Vediamo in sintesi alcuni punti cardine del documento:

Relazione madre-bambino e allattamento
Molti studi, sottolineano gli esperti, hanno infatti evidenziato come nei bambini piccoli, privati o separati per motivi diversi dalla madre, possano manifestarsi a breve e a lungo termine una serie di conseguenze non solo emotive, ma anche di natura biologica. Evidenze in linea anche con le indicazioni ad interim dell’Iss su gravidanza, parto ed allattamento che, anche se prodotte e finalizzate all’assistenza nei Punti Nascita in periodo di pandemia da Covid-19, hanno ribadito l’importanza della tutela della relazione genitore-bambino per evitare lo stress prodotto dalla separazione. Una separazione forzata che, nei primi anni di vita, potrebbe determinare ripercussioni importanti, tanto da essere definito da alcuni autori come “stress tossico”.
 
Ruolo dell’ospedale
Punto di riferimento per i neonati è il dipartimento materno infantile aziendale. Nel caso di neonati fisiologici la vicinanza fra genitori-bambino e l’avvio dell’allattamento sono facilitati dalla pratica del contatto pelle a pelle (skin to skin contact) e da quella del rooming-in possibile anche nel caso in cui le condizioni cliniche materne richiedano attenzioni o assistenza particolari, sempre che non si renda necessario il trasferimento della madre in terapia sub-intensiva/intensiva.
Nel caso di neonati patologici o ad alto rischio, la relazione genitori-bambino, la kangaroo mother care e l’avvio dell’allattamento sono facilitati dall’accesso (illimitato o quanto più estensivo possibile) dei genitori nelle Unità di Terapia Intensiva Neonatale (Utin) e dal loro coinvolgimento nell’accudimento del proprio bambino come parte integrante delle cure. Tant’è che, si sottolinea nelle raccomandazioni, l’ospedalizzazione della madre o del bambino dovrebbe implicare una presa in carico complessiva della famiglia. Qualora nelle Utin non fosse disponibile il latte della propria madre va privilegiato l’utilizzo delle banche del latte.

Ricovero del bambino
Il primo passo quanto il bambino, in caso di malattia o per accertamenti diagnostici, viene ricoverato, sottolineano gli esperti, è affrontare immediatamente la gestione dell’allattamento/mantenimento della produzione di latte, anche perché l’impedimento dell’accesso della madre/genitore al reparto di cura del figlio o della vicinanza fra madre e bambino è giustificato solo in rare situazioni logistico organizzative. Inoltre, aggiungono, il tipo di alimentazione del bambino (se allattato dalla madre o meno) non deve condizionare l’accesso illimitato (24/24 h) di almeno uno e per quanto possibile di entrambi i genitori.
Il rifiuto del seno, le difficoltà di attacco al seno e di suzione, ma anche lo stress materno che porta ad ostacolare l’emissione del latte dal seno con conseguente aumentato rischio di ingorgo mammario e di ridotta produzione di latte, sono le criticità che si possono incontrare durante il ricovero di un bambino.
 
Il documento offre strategie e le soluzioni da adottare (con approfondimento ad hoc nel documento): dal sostegno emotivo, motivazionale e pratico per mantenere il rapporto madre-bambino, alla spremitura del latte materno e la sua somministrazione al bambino con metodi adeguati alle sue condizioni cliniche (siringa, cucchiaino, tazzina, sondino naso-gastrico o eventualmente con biberon), in assenza di attacco diretto al seno. Soluzioni che consentono di mantenere la lattazione, ridurre il rischio di ingorgo mammario e garantire una nutrizione orale/enterale di maggior qualità.
 
E ancora, nel caso in cui il bambino, pur in grado di succhiare al seno, debba invece essere messo a digiuno o debba essere sottoposto a schemi di alimentazione rigidi per indagini strumentali e per intervento chirurgico vengono indicati limiti minimi di digiuno. Per i bambini che assumono latte materno: 2 h prima di una procedura anestesiologica; 4 h prima di un intervento chirurgico o di un’indagine del tubo digerente); per quelli che assumo formula lattea: 4 h prima di una procedura anestesiologica, 6 h prima di un intervento chirurgico o di un’indagine del tubo digerente.
Si sottolinea inoltre come la collaborazione con i genitori in reparto faciliti gli aspetti organizzativi. Non sono infine da trascurare le modalità di alimentazione di un bambino alla dimissione dall’ospedale visti gli effetti a lungo termine dell’allattamento. Anche perché, si ricorda nel documento, non sono mancati casi di madri di bambini affetti da bronchiolite, comune patologia tipica del primo anno di vita, che hanno dichiarato di non aver ricevuto durante il ricovero l’atteso sostegno sull’allattamento.
 
Ricovero della mamma
La parola d’ordine è che la donna ospedalizzata continui ad allattare. Molte condizioni ritenute incompatibili con l’allattamento, alla luce delle attuali evidenze scientifiche, sottolineano gli esperti, vanno intese come “false avvertenze o come ostacoli ad allattare piuttosto che reali controindicazioni”.
Va quindi evitata, per quanto possibile, l’improvvisa interruzione dell’allattamento, dal momento che può generare problemi di salute e di comportamento sia nel bambino (agitazione, pianto, difficoltà ad alimentarsi), che nella madre (ansia, rischio di ingorgo e mastite). La donna andrebbe poi ricoverata in una stanza singola per consentirle di tenere con sé non solo il bambino, ma anche un familiare/caregiver, che la supporti nella gestione del bambino e le consenta di riposare.Nel caso in cui mamma e bambino fossero ricoverate in un reparto non pediatrico vanno messe in atto tutte le misure per accoglierli al meglio, quali fornire una culletta e, in caso di bisogno, prevedere l’eventuale aiuto competente.
Anche il personale sanitario del reparto di ricovero dovrebbe fornire alla madre l’assistenza logistica per facilitare il mantenimento della lattazione (anche se il bambino, per vari motivi, non può attaccarsi al seno) attraverso la spremitura del seno, la conservazione del latte materno e l’offerta al bambino del latte materno spremuto. Nel caso in cui non sia stato possibile allattare direttamente al seno, la donna va informata sulla possibilità di riprendere normalmente l’allattamento alla fine del periodo di ospedalizzazione.

Rischio infezioni ospedaliere
Le infezioni ospedaliere sono una la spada di Damocle per quanti vengono ricoverati per questo il rischio di acquisire un’infezione per mamma e bambino va attentamente valutato. In particolare sono due i principali nemici da combattere: la trasmissione di infezioni da batteri ospedalieri, potenzialmente multi-resistenti e l’acquisizione per via respiratoria e da contatto di infezioni virali

Per quanto riguarda il primo, si sottolinea nel documento “questo rischio è poco plausibile e praticamente trascurabile per un lattante sano, che di fatto è un semplice ospite, non sottoposto a procedure e tantomeno a manovre invasive”. Il lavaggio preliminare delle mani da parte della madre e di chi si trovasse eventualmente a manipolare il bambino e l’utilizzo per il bambino della biancheria personale, rappresentano quindi un ulteriore elemento di rassicurazione.

Diverso il caso dell’acquisizione per via respiratoria e da contatto di infezioni virali, che possono essere trasmesse da pazienti ricoverati o da operatori sanitari o da visitatori. Si calcola che le infezioni virali ospedaliere in epoca pre-Covid-19 ammontassero a circa il 5 % del totale delle infezioni ospedaliere (una parte di queste infezioni resta comunque asintomatica e può essere identificata solo da analisi virologiche di sorveglianza). Nei reparti pediatrici la percentuale di infezioni respiratorie virali sale invece al 23 % del totale delle infezioni ospedaliere. In questi casi gli interventi di controllo (anche mediante isolamento dei pazienti) della trasmissione delle infezioni respiratorie virali in ambito ospedaliero pediatrico sono efficaci nel ridurre il tasso di trasmissione.
Indipendentemente dalla fase pandemica durante la quale sono state messe in atto soluzioni stringenti, l’accesso degli operatori alla stanza di ricovero di mamma e bambino, deve essere effettuato secondo le procedure di prevenzione della trasmissione delle infezioni ospedaliere.
Il documento ricorda infine che il contatto intimo fra madre Covid-19 positiva ed il bambino anche allattato è sicuro, sempre che vengano seguite le norme di controllo della trasmissione dell’infezione.

Raccomandazioni in caso di ospedalizzazione
Il documento offre poi alcune raccomandazioni alle istituzioni nazionali e alle direzioni aziendali.
 
Ai decisori politici si raccomanda in primis la definizione di linee di indirizzo nazionali sull’applicazione di buone pratiche (riportate nel documento) che potrebbero essere inserite tra gli obiettivi di performance delle strutture.
 
Mentre Direttori generali, sanitari, di dipartimento, di struttura complessa e responsabili di unità operativa semplice dovrebbero implementare specifiche soluzioni organizzative e applicare adeguati protocolli assistenziali, redatti secondo le evidenze disponibili e condivisi con personale sanitario adeguatamente formato.
 
In particolare, tra le molte indicazioni contenute nel documento, sarebbe necessario prevedere: una politica ospedaliera che garantisca la presenza del genitore in caso di ricovero ospedaliero del bambino e che faciliti la presenza del bambino e di un familiare/caregiver nel caso di ricovero ospedaliero della madre; l’uso di un modulo di consenso informato (un modello viene proposto nel documento), nel caso la madre desideri tenere con sé un bambino d’età inferiore ai 6 mesi in un reparto diverso da quelli di ostetricia e ginecologia, neonatologia o pediatria.
Nel caso di ricovero del bambino, i protocolli specifici devono anche prevedere la fornitura ai reparti ospedalieri interessati, dei presidi necessari per la spremitura del latte materno, nel caso in cui il bambino non possa attaccarsi direttamente al seno. In questo senso diventa particolarmente importante l’informazione e/o formazione (essenziale e sufficiente) del personale che verrà a contatto con mamma e bambino. Va poi mantenuta l’attenzione verso l’igiene di tutti gli oggetti che entrano in contatto con il neonato e si provvederà ad un’attenta pulizia dei kit di raccolta del latte materno e dei mezzi per somministrarlo (bicchierino o biberon).
In caso di ricovero della mamma si raccomanda di implementare la gestione congiunta di madre e figlio (rooming-in), in particolare nei primi 6 mesi di vita, ogni qualvolta le condizioni strutturali e organizzative lo permettano o, in alternativa, si raccomanda di consentire la possibilità che il bambino, in particolare se allattato, possa accedere al reparto dove la madre è ricoverata,
 
 
Non solo raccomandazioni per i decisori, il documento contiene indirizzi anche per le figure professionali dello staff ospedaliero
Tra le molte garantire la continuità della relazione e della vicinanza genitori-bambino per tutta la durata della degenza, come parte integrante delle cure, prevedendo un accesso illimitato H24 al reparto di almeno uno e per quanto possibile di entrambi i genitori; sostenere l’allattamento parallelamente alla terapie e incoraggiare le poppate al seno, a meno che queste non risultino realmente controindicate dalla situazione clinica del bambino. E ancora incoraggiare la madre a spremere il latte (manualmente o col tiralatte) per poterlo comunque somministrare, quando il bambino non sia capace di attaccarsi direttamente al seno a causa della malattia;
Soprattutto, comprendere come la situazione clinica della madre raramente rappresenti una vera controindicazione all’allattamento che, per essere tale, deve procurare nocumento a madre e/o bambino in maniera tale da annullare tutti i ben noti benefici del latte materno.
 
Vere e false controindicazioni ad allattare

 

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