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Da rottamare il 95% dei mammografi convenzionali. Il report di Assobiomedica

22 dicembre 2017 - Ma preoccupa in ogni caso la vetustà di tutte le apparecchiature di diagnostica per immagini e di elettromedicina che andrebbero rinnovate in oltre il 50% dei casi. Svantaggi non solo per i pazienti, ma anche per la sostenibilità del Servizio sanitario: più costi di manutenzione con eventuali ritardi e sospensioni nell’utilizzo dei macchinari e tempi di attesa più lunghi. IL REPORT. 

Oltre il 50% delle apparecchiature di diagnostica per immagini e di elettromedicina troppo vecchie.

Risonanze magnetiche, PET, TAC, angiografi, mammografi, ventilatori per anestesia e terapia intensiva, che per l’età avanzata riducono i benefici per il paziente raggiunti dalle tecnologie più recenti: diagnosi più accurate e precise, minori esposizioni alle radiazioni, minore quantità delle dosi, maggiore velocità di esecuzione dell’esame, referti informatizzati.

Gli svantaggi di un parco apparecchiature troppo vecchio non sono però solo per il paziente, ma anche per la sostenibilità del Servizio sanitario, che si trova ad affrontare più numerosi costi di manutenzione con eventuali ritardi e sospensioni nell’utilizzo dei macchinari, che generano tempi di attesa più lunghi e carichi di utilizzo mal gestiti.

Assobiomedica ha diffuso il nuovo Rapporto sullo stato di obsolescenza del parco istallato di diagnostica per immagini e da quello sull’elettromedicina in Italia, entrambi curati dal Centro studi di Assobiomedica e presentati oggi nell’ambito della X Conferenza nazionale dei dispositivi medici.

Su oltre 52.500 apparecchiature, dai mammografi agli ecografi, dalle gamma camere alle RNM e di questi, secondo l’associazione delle imprese biomedicali, più di 25mila sono troppo vecchie e creano problemi ai pazienti e al sistema.

Nello specifico, destano preoccupazione il 95% dei mammografi convenzionali con più di 10 anni di vita, così come il 69% di apparecchiature mobili convenzionali per le radiografie, il 52% dei ventilatori di terapia intensiva e il 79% dei sistemi radiografici fissi convenzionali.

“Assobiomedica con i suoi studi – ha dichiarato Fernanda Gellona, direttore generale di Assobiomedica - ha messo in luce un problema preoccupante per i pazienti e per il Sistema sanitario, evidenziando come l’Italia si posizioni in fondo alla classifica europea per numero di apparecchiature diagnostiche obsolete. Adesso che buona parte dei conti della Sanità sono stati risanati, è necessario tornare a investire per rinnovare le strutture sanitarie del Paese e riportare il nostro Ssn a livelli competitivi”.

“Il Governo ha lavorato bene su industria 4.0 e sugli investimenti sul digitale – prosegue Gellona -  oggi bisogna allargare questo approccio all’ambito sanitario per agevolare il rinnovamento del parco apparecchiature presenti negli ospedali italiani e avviare un’azione d’investimento sulle tecnologie innovative. È possibile farlo intervenendo sui meccanismi di rimborso, creando dei sistemi di incentivo per l’utilizzo delle nuove tecnologie e tariffe penalizzanti per i macchinari troppo vecchi. Si tratterebbe di un sistema di rimborsabilità differenziata sul modello francese, che consentirebbe una graduale sostituzione delle apparecchiature più vecchie e una progressiva introduzione di quelle tecnologicamente più innovative”.
 

 

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