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Vaccino antiinfluenzale in gravidanza protegge il bambino per 8 settimane dalla nascita

14 luglio - Lo studio è stato condotto da Marta Nunes dell’University of the Witwatersrand a Johannesburg,  in Sudafrica e altri ricercatori della stessa Università e dell’Università del Colorado e pubblicato il 5 luglio su Jama Pediatrics. Lo studio per la prima volta ha valutato la durata dell’immunizzazione nei figli di donne vaccinate in gravidanza contro l’influenza 

Il vaccino antinfluenzale in gravidanza protegge il bambino per 8 settimane dalla nascita. Sono i risultati di uno studio (condotto da Marta Nunes dell’University of the Witwatersrand a Johannesburg,  in Sudafrica e altri ricercatori della stessa Università e dell’Università del Colorado, pubblicato il 5 luglio su Jama Pediatrics) che, per la prima volta, ha valutato la durata dell’immunizzazione nei figli di donne vaccinate in gravidanza contro l’influenza.

La questione è importante: come sottolineano i ricercatori, i vaccini attuali sono scarsamente immunogenici nei neonati e non sono autorizzati per l’uso sotto i sei mesi di età.  È dunque urgente programmare strategie vaccinali (ora la più utilizzata è il cocooning, con la vaccinazione dei familiari e dei caregiver) che proteggano questa fascia di età, in cui la sindrome influenzale è associata con alti tassi di ospedalizzazione e persino di decessi.

Lo studio ha preso in esame, per i primi sei mesi dopo la nascita, i figli di donne che avevano in precedenza partecipato a un trial clinico randomizzato in doppio cieco contro placebo sulla sicurezza, l’immunogenicità e l’efficacia in gravidanza del vaccino inattivato trivalente (IIV3) per l’influenza: 1026 erano i nati dalle vaccinate, 1023 dalle mamme che avevano ricevuto il placebo. L’efficacia contro la sindrome influenzale, accertata con metodo RPC (reazione a catena della polimerasi) è stata massima (85,6%) nei bambini sino a 8 settimane di età, scendendo a 25,5% nella coorte tra 8 e 16 settimane e al 30,3% in quella di età compresa tra 16 e le 24 settimane. Un sottogruppo di 331 bambini (dal quale 9 sono poi stati esclusi) è stato testato per gli anticorpi anti-emoagglutinina dei tre ceppi virali presenti nel vaccino. Il titolo anticorpale è risultato, alla nascita, sufficiente a garantire una copertura vaccinale (considerando come limite minimo il titolo di 1:40) nel 78,3% dei neonati, per il primo ceppo (A/H1n1PDM09), nel 56,6% per A/H3N2, nell’81,1% per il B/Victoria, percentuali significativamente più alte di quelle rilevate nel gruppo dei “placebo”.

Il titolo anticorpale decresceva però all’aumentare dell’età, riducendosi ad appena il 10% alla 24esima settimana. La protezione risultava comunque più prolungata se le donne erano state vaccinate nel secondo trimestre di gravidanza rispetto al terzo, e ciò potrebbe portare con sé l’indicazione di non procrastinare troppo la vaccinazione. Lo studio sembra suggerire, a detta degli autori, che il meccanismo attraverso il quale il vaccino protegge la prole sia il passaggio transplacentare di anticorpi dalla madre al feto.

“Al fine di aumentare la concentrazione di anticorpi trasferiti per via transplacentare e accorciare il periodo di vulnerabilità dei bambini alla malattia – concludono i ricercatori – è necessario mettere a punto vaccini per le donne incinte a più elevata immunogenicità o, in alternativa, vaccini che possano generare una risposta immunitaria maggiore nei bambini, sin dall’ottava settimana di vita”.

L’argomento è anche al centro dell’editoriale dell’ultimo numero di Jama Pediatrics.

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