Il 69% degli europei si dichiara in buona salute (73,6% tra gli italiani) ma la pandemia ha abbassato l’aspettativa di vita di 1,2 anni
26 maggio - Eurostat ha pubblicato il nuovo rapporto sugli “obiettivi di sviluppo sostenibile” che vanno dalla salute alla vita sottomarina. I miglioramenti più evidenti tra gli obiettivi socioeconomici, meno per quelli ambientali. La salute va bene anche se la pandemia ha lasciato il segno con 1,7 milioni di morti in eccesso rispetto al periodo Covid. Ancora troppi obesi e fumatori. IL RAPPORTO
Nel 2015 le Nazioni Unite hanno dettato una sorta di agenda del benessere con l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita e di lavoro della popolazione. Per farlo sono stati individuati “17 Obbiettivi di sviluppo sostenibile” in sigla SDGs: dalla salute, al lavoro, passando per l’ambiente e la parità di genere.
L’Unione Europea ha aderito all’agenda, da allora monitora gli sviluppi raggiunti ed Eurostat ha pubblicato il rapporto 2023 che si concentra sulle tendenze degli ultimi cinque anni.
La relazione mostra che l’UE ha compiuto notevoli progressi verso molti obiettivi socioeconomici nell’ultimo, mentre le tendenze nel settore ambientale sono state meno favorevoli.
Progressi significativi per garantire un lavoro dignitoso e la crescita economica (SDGs 8), ridurre la povertà (SDGs 1) e migliorare la parità di genere (SDGs 5).
Buoni risultati anche verso la riduzione delle disuguaglianze (SDGs 10), garantendo un’istruzione di qualità (SDGs 4) e promuovendo la pace e la sicurezza personale all’interno del territorio dell’UE e migliorando l’accesso alla giustizia e la fiducia nelle istituzioni (SDGs 16).
L’UE ha anche registrato buoni progressi verso gli obiettivi della salute e del benessere (SDGs 3) nonostante le battute d’arresto causate dalla pandemia di COVID-19, e in materia di innovazione e infrastrutture (SDGs 9).
Meno evidenti i progressi nei restanti sei obiettivi: tendenze nelle aree di consumo e produzione responsabili (SDGs 12), città e comunità sostenibili (SDGs 11), vita sottomarina (SDGs 14), fame zero (SDGs 2), acqua pulita e servizi igienico-sanitari (SDGs 6) e prezzi accessibili e puliti energia (SDGs 7).
Sono previsti ulteriori progressi per tre obiettivi: azione per il clima (SDGs 13), vita sulla terraferma (SDGs 15) e partenariati globali (SDGs 17).
Nel caso dell’SDGs 13, secondo le stime provvisorie per il 2021, l’UE ha ridotto le proprie emissioni nette di gas a effetto serra di circa il 30% dal 1990. Tuttavia, l’UE ha fissato obiettivi climatici ambiziosi e senza precedenti per il 2030 e, rispetto alle tendenze passate che richiederanno uno sforzo maggiore.
Per l’energia, l’UE ha inoltre fissato obiettivi più ambiziosi per il 2030, il che implica che nei prossimi anni saranno visibili maggiori progressi nell’efficienza energetica e nelle energie rinnovabili.
Per quanto riguarda la vita sulla terraferma (SDGs 15), anche se le aree terrestri protette sono aumentate dal 2013, sono necessari ulteriori sforzi per invertire il degrado degli ecosistemi.
Per quanto riguarda infine partenariati per gli obiettivi (SDGs 17), la tendenza riflette in parte gli effetti ciclici e, in particolare, l’aumento del debito pubblico conseguente alla crisi COVID-19.
Sulla salute i progressi ci sono ma la pandemia ha segnato una battuta d’arresto
L’aumento mondiale dell’aspettativa di vita rispetto al secolo scorso è il risultato di vari fattori, tra cui riduzione della mortalità infantile, innalzamento del tenore di vita, migliori stili di vita e anche una migliore istruzione come i progressi della sanità e della medicina. Mentre l’aspettativa di vita è aumentata nei paesi dell’UE negli ultimi decenni, il ritmo del progresso ha rallentato negli ultimi anni in molti di quei paesi.
La pandemia Covid è tra le cause del calo nella maggior parte dei Paesi della UE nel 2020 e 2021.
Tuttavia, mentre l’aspettativa di vita dà un valutazione obiettiva del di quanto le persone possano aspettarsi di vivere, non mostra se le persone vivono la loro vita in salute.
Da qui la decisone di aggiungere al monitoraggio del SDGs salute due nuovi indicatori.
Il primo, stima gli anni di vita sana alla nascita e misura la quantità della vita trascorsa in modo sano.
Il secondo misura la percezione della propria salute da parte della popolazione, per evidenziare la visione soggettiva e individuale del proprio benessere.
Aspettativa di vita in buona salute
Nel 2020, un bambino nato nell’UE si può aspettare di vivere in buona salute o senza gravi problemi in media 64,0 anni con una diminuzione di 0,4 punti percentuali rispetto al 2019.
In Italia nel 2020 la stima era di 68 anni (0,3 punto in meno del 2019), meglio di noi solo la Svezia con 72,7 anni e Malta 70,5 anni.
Il valore più basso stimato in Lituania con 53,4 anni in buona salute, ben 19,3 in meno della Svezia.
La salute percepita
La salute percepita è invece migliorata e tra il 2016 e il 2021, la quota di persone che si percepisce in buona salute di 1,5 punti percentuali, con una media UE del 69% (in Italia siamo al 73,6%, il dato più alto in Irlanda con l’81,2% della popolazione che si dichiara in buona salute e il valore più basso in Lituania con solo il 47,9% della popolazione soddisfatta del proprio stato di salute).
In generale si dichiara in buona salute più chi vive in città (70,7%) rispetto a chi vive nelle zone rurali (66,3%)
Le donne hanno un’aspettativa di vita in buona salute più alta degli uomini (64,5 anni a fronte di 63,6 anni) ma nonostante ciò le donne percepiscono un loro peggiore stato di salute rispetto agli uomini: chi di loro si dichiara soddisfatta è infatti solo il 66,6% rispetto al 71,6% degli uomini.
Aspettativa di vita alla nascita e mortalità in eccesso
La pandemia, come abbiamo visto, ha intaccato l’aspettativa di vita e fatto lievitare il tasso di mortalità in eccesso con un circa 1,74 milioni di morti in più tra gennaio 2020 e febbraio 2023, rispetto al numero medio di decessi registrati durante il periodo dal 2016 al 2019.
L’aspettativa di vita alla nascita nell’UE è continuata a diminuire in media di 0,3 anni tra il 2020 e il 2021, passando da 80,4 a 80,1 anni con una diminuzione totale di 1,2 anni tra il 2019 e il 2021.
Le maggiori riduzioni dell’aspettativa di vita nel 2021 rispetto al 2020 sono state osservati in Bulgaria e Slovacchia (entrambi 2,2 anni), seguiti dalla Lettonia (2,1 anni) ed Estonia (2,0 anni).
In Italia si è invece passati da un’aspettativa di vita alla nascita di 83,6 anni nel 2019 a 82,7 anni nel 2021.
Gli uomini sembrano essere stati colpiti un po’ più fortemente dalla pandemia, con una riduzione dell’aspettativa di vita di 1,3 anni rispetto a 1,1 anni delle donne nel 2021, rispetto ai dati pre-pandemia (2019).
Ma dove la pandemia ha colpito in modo più evidenti è tra gli anziani con una riduzione media di un anno della vita residua dopo i 65 anni.
Più della metà della popolazione adulta dell’UE era in sovrappeso nel 2019
Nel 2019, il 16% della popolazione dell’UE di età pari o superiore a 18 anni sopra era obesa (con un indice di massa corporea uguale pari o superiore a 30) e un altro 35,2% era pre-obesa (con un indice di massa corporea tra 25 e 30).
In totale, più della metà della popolazione UE (51,3%) di età pari o superiore a 18 anni era obesa o pre-obesa (e quindi sovrappeso).
In Italia la quota di persone in sovrappeso è invece del 44,7%, di cui il 33,2% pre-obesa e l’11,4% obesa.
Fra il 2014 e il 2019 la quota di persone obese e pre-obese è aumentata rispettivamente dell’1,1 e dello 0,5 per cento. Il tasso di obesità generalmente aumenta con l’età, con un picco nella fascia di età da 65 a 74 anni (22,3% obesi nel 2019).
I tassi di obesità e pre-obesità diminuiscono con livelli di istruzione più elevati, passando dall’11,4% per le persone con istruzione terziaria al 20,3% per le persone con istruzione secondaria o inferiore.
Fumatori in calo dal 2006
L’uso del tabacco è attualmente la causa del 16% di tutti decessi tra gli adulti sopra i 30 anni in Europa. A fronte di ciò si rileva fortunatamente un calo progressivo di fumatori scesi da 31% del 2006 al 25% del 2020.
Gli uomini restano maggiori consumatori di tabacco, 28% a fronte del 22% delle donne, anche se tra queste ultime sono meno quelle che decidono di smettere rispetto agli uomini, il che può spiegare in parte il restringimento del divario nell’aspettativa di vita tra i sessi.
La fascia di età con la più alta prevalenza di fumatori è quella tra 25 e 54 anni (vicino al 30%), seguita dai più giovani di età compresa tra 15 e 24 anni (20%) e dagli anziani di età compresa tra 55 anni e oltre (18%).
In Italia fuma il 23% della popolazione dai 15 anni in su, un valore più alto rispetto al 2014 (21%) ma più basso rispetto al 2017 (25%).