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Cure materno infantili e pandemia. Mamme europee messe a dura prova. I risultati di uno studio in 20 Paesi europei

4 febbraio - Difficoltà di accesso ai servizi, mancanza del partner in sala parto e restrizioni nell’allattamento, segnalate dalle oltre 24mila neomamme che hanno aderito alla ricerca. Lo studio, che ha raccolto anche il punto di vista di 3mila operatori sanitari, è stato pubblicato su Lancet ed è coordinato dal Centro Collaboratore Oms per la Salute Materno Infantile dell’Irccs Burlo Garofolo di Trieste.

Le difficoltà di accesso (logistiche, amministrative, emotive, ecc.) ai servizi sanitari determinate dalla pandemia hanno messo a dura prova le mamme dei Paesi della Regione europea. Non solo, anche se in misura diversa tra i vari Stati e nel tempo (maggiormente nel 2020 rispetto al 2021), le mamme hanno lamentato la mancanza del papà o di un altro compagno in sala parto, e, in alcuni casi, restrizioni nell’allattamento o nel contatto pelle a pelle col bambino.
 
È quanto emerso da uno studio realizzato su 24mila mamme dei Paesi Ue (inclusi quelli del Nord Europa) e coordinato dal Centro Collaboratore dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (Cc Oms) per la Salute Materno Infantile dell’Irccs Burlo Garofolo di Trieste. Un progetto internazionale IMAgiNE EURO, che si basa un network di ricercatori attivo in 20 Paesi della Regione Europea dell’Oms.
 
Lo studio ha consentito una rilevazione, tramite questionari anonimi online, della percezione della qualità delle cure materno infantili - con un focus particolare sul momento del parto - e raccoglie due punti di vista complementari, quello delle neomamme che hanno partorito durante la pandemia, e quello degli operatori sanitari, che, in prima linea, erogano l’assistenza all’interno delle strutture sanitarie.
 
La ricerca, spiega una nota del Burolo, rende disponibili dati su 80 indicatori chiave, basati sugli Standard dell’Oms, raccolti tramite due strumenti formalmente validati per questo scopo: un questionario per le mamme, e uno per lo staff ospedaliero, tradotti e resi disponibili online in 24 lingue, tra le quali cinese, arabo, bengalese.
 
“Il questionario mamme – spiega Marzia Lazzerini, responsabile del Cc Oms – è stato compilato in pochi mesi da oltre 24mila donne (di cui circa 4.800 italiane) – dimostrando il grande interesse che l’utenza ha verso questa tematica. Abbiamo riscontrato un buon interesse anche tra gli operatori sanitari, e a oggi circa 3mila hanno fornito la loro opinione onlineIl network di ricerca, costituito per la maggior parte da volontari, è molto ampio e variegato, e include sia Università e Istituti di ricerca sia agenzie internazionali come l’Unicef, e Ngo attive nell’area dei diritti umani. I ricercatori coinvolti sono sia personale sanitario di varia tipologia (medici ostetrici, neonatologi, infermieri, ostetriche, psicologi, consulenti per allattamento) che esperti di salute pubblica, antropologi, epidemiologi, e questa eterogeneità ci dà l’opportunità di includere più punti di vista”.
 
“Attraverso questo studio – aggiunge Emanuelle Pessa Valente, project manager di IMAgiNE Euro – è stato possibile descrivere per la prima volta in maniera comprensiva e sistematica in molti Paesi diversi, le esperienze vissute dalle donne rispetto alla qualità delle cure materno-neonatali, durante diverse fasi della pandemia di Covid-19. I dati preliminari dello studio, relativi alle opinioni delle mamme che hanno partorito da inizio epidemia a giugno 2021, sono stati recentemente pubblicati sulla prestigiosa rivista The Lancet Regional Health, e seguiranno descrizioni più approfondite per ogni Paese, con i dati relativi agli operatori, e alle fasi più recenti dell’epidemia”.
 
Dai 
dati preliminari pubblicati su The Lancet Regional Health - relativi a 21.027 madri dei 12 paesi della regione europea dell’Oms che dal 1 marzo 2020 al 15 marzo 2021 hanno risposto a un questionario online inclusivo delle 40 misure di qualità basate sugli standard dell’Oms – è emerso che il 41,8% (con differenze da paese a paese) ha avuto difficoltà ad accedere alle cure prenatali, il 62% non ha potuto contare su un compagno in sala parto, il 31,1% ha ricevuto un supporto inadeguato per l’allattamento al seno. E ancora, il 34,4% ha riferito che gli operatori sanitari non utilizzavano sempre dispositivi di protezione individuale, e il 31,8% (17,8%-53,1%) ha valutato il numero degli operatori sanitari come “insufficiente”.
 
L’episiotomia è stata eseguita nel 20,1% dei parti vaginali spontanei. Inoltre, il 23,9% delle donne ha riferito di non essere stata trattata con dignità, il 12,5% ha subito abusi. La maggior parte dei risultati era significativamente peggiore tra le donne con parto cesareo pre-travaglio (2.964).
 
Le analisi multivariate hanno confermato differenze significative tra i paesi, con Croazia, Romania, Serbia che mostrano indici di Assistenza materna e neonatale di qualità (Qmnc) significativamente più bassi e Lussemburgo che mostra un indice significativamente più alto rispetto al campione totale. Anche le donne più giovani e quelle con nascite operatorie hanno riportato indici Qmnc significativamente più bassi.
 
Soprattutto sono emerse grandi disuguaglianze degli indici di Assistenza materna e neonatale di qualità nei paesi della regione europea dell’Oms. Tant’è che i ricercatori hanno sottolineato l’urgenza di mettere in atto iniziative di miglioramento della qualità per ridurre le disuguaglianze e promuovere un’assistenza rispettosa basata sull’evidenza e incentrata sul paziente, non solo durante la pandemia ma anche oltre.

In generale, prosegue Lazzerini, i dati emersi da questa prima rilevazione confermano altri studi: “In particolare nelle fasi iniziali, nel 2020, trattandosi di una nuova malattia e non essendo disponibili sufficienti evidenze scientifiche, c’erano incertezze sulle pratiche migliori da adottare. Al momento attuale esistono molte più conoscenze, e anche maggiore tecnologia (vaccino, tamponi rapidi) per assicurare il mantenimento delle buone pratiche come l'allattamento materno, il contatto pelle a pelle, il rooming-in, e la migliore assistenza possibile per mamma e bambino”.
 
“Gli Standard dell’Oms – conclude Marzia Lazzerini – dovrebbero essere monitorati con regolarità affinché sia possibile valutare anche in tempo reale l’impatto che avvenimenti mondiali come l’attuale pandemia hanno sui sistemi sanitari, quali indicatori siano più suscettibili alle diverse fasi della pandemia, e quali necessitino azioni più urgenti. L’Oms raccomanda di utilizzare questi dati per sviluppare, ma soprattutto mettere in atto concretamente piani sanitari e progetti di miglioramento delle cure basate sulle evidenze (ovvero sui dati raccolti con metodo scientifico), che incorporino il punto di vista sia del paziente, sia dello staff. Un progetto simile, ovvero di utilizzo dei dati per migliorare la qualità delle cure materno infantili, e la soddisfazione sia dello staff, sia dei genitori, è già in corso in Friuli Venezia Giulia, tramite il supporto della Regione, e sta dando risultati molto buoni grazie alla collaborazione di un grosso gruppo di lavoro multidisciplinare che include oltre cento professionisti nei nove centri nascita presenti sul territorio regionale. I risultati del progetto regionale saranno resi disponibili a breve”.

 

 

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