Associazione dei Ginecologi Italiani:
ospedalieri, del territorio e liberi professionisti

slider_medici.jpg
topbanner2b.jpg
topbanner3d.jpg
  • Aogoi
  • Notiziario
  • ARCHIVIO NEWS
  • Il consultorio familiare per la tutela e promozione della salute dei singoli e delle comunità: una riflessione ai tempi del Coronavirus

Il consultorio familiare per la tutela e promozione della salute dei singoli e delle comunità: una riflessione ai tempi del Coronavirus

23 gennaio 2021 – Studio dell’Iss sul ruolo dei consultori durante la pandemia ancora in corso che evidenzia la capacità di queste strutture a rispondere ai bisogni del territorio e di adattarsi al cambiamento. Si tratta di servizi improntati a un modello di salute innovativo, che meritano di essere valorizzati e sostenuti.

 

Tra i servizi sanitari territoriali che possono rappresentare una risorsa per fronteggiare l’emergenza COVID-19 ci sono i Consultori familiari (CF).

Uno studio nazionale coordinato dall’Istituto superiore di sanità (ISS) e finanziato dal Ministero della salute, ne ha recentemente descritto le attività e i bisogni, mettendo in evidenza un’ampia variabilità interregionale nella disponibilità di sedi e di personale.

Fra le attività dei CF rivestono importanza strategica l’assistenza al percorso nascita, i programmi di screening del tumore della cervice uterina e le azioni rivolte agli adolescenti.

Le esperienze riportate testimoniano come in diverse aree del Paese i CF siano stati in grado di fronteggiare l’emergenza pandemica introducendo modalità di offerta innovative per garantire le attività strategiche che li caratterizzano.

I servizi che avevano già in essere un modello organizzativo basato su adeguata disponibilità di personale, apertura delle sedi e disponibilità di servizi con fasce orarie ampie, offerta in sede di indspanagini strumentali e collocazione in spazi adeguati, sono partiti con un grande vantaggio. Le realtà dove a ciò si sono aggiunti percorsi socioassistenziali e sistemi informatizzati integrati e politiche coordinate sono quelle che hanno potuto rispondere meglio all’emergenza.

Tuttavia, anche in contesti con minori risorse, i CF sono riusciti ad attuare quanto necessario per mantenere il contatto con il proprio territorio. Perché i CF possano svolgere appieno il proprio ruolo nella rete dei servizi sanitari territoriali anche durante la pandemia è necessario affrontare alcune criticità di lungo corso già emerse dal progetto dell’ISS.

 

Le caratteristiche dei contesti che hanno fornito le risposte più tempestive e articolate di fronte al COVID-19 sono di aiuto nell’individuare le iniziative prioritarie, che richiamano la responsabilità delle istituzioni centrali, locali e dei professionisti sanitari:

- Raggiungere uno standard adeguato e omogeneo in termini di strutture e personale multidisciplinare per dare risposte di prossimità a un’eterogeneità di bisogni;

- Ampliare e consolidare reti integrate di assistenza a livello di azienda o distretto a supporto sia della continuità assistenziale nell’ambito delle cure primarie e con l’ospedale che dell’accessibilità dei percorsi socioassistenziali, con attenzione alle disuguaglianze;

- Potenziare la disponibilità di reti e piattaforme informatiche a sostegno della gestione di percorsi integrati e dell’offerta di attività a distanza;

- Rendere disponibile un flusso informativo dedicato che consenta il monitoraggio e la valutazione delle attività e della capacità dei CF di rispondere ai bisogni della propria popolazione; n Investire sulla formazione del personale per consolidare le competenze e acquisire quelle richieste dagli interventi a distanza;

- Rafforzare organismi regionali di coordinamento dei CF per garantire l’omogeneità dell’offerta di attività strategiche.

Quanto sperimentato durante la pandemia può costituire un’opportunità di miglioramento, tanto che a oggi nulla è stato eliminato, ma al più affiancato alla ripresa dell’offerta abituale.

L’aspetto più rilevante è costituito dall’uso della videotecnologia, che ha consentito di aumentare l’accessibilità di alcune delle attività erogate.

Il suo utilizzo su vasta scala nel lungo periodo richiede tuttavia la validazione dei prodotti offerti in termini di efficacia. Particolare attenzione va posta alla caratterizzazione degli utenti che se ne avvalgono, per non escludere la popolazione meno raggiungibile dalle modalità telematiche.

Occorre, inoltre, continuare a sostenere il miglioramento delle modalità tradizionali in presenza, irrinunciabili per tante attività dei CF.

Meritano un richiamo attività non descritte nel presente contributo, come il percorso offerto alle donne che richiedono una IVG e l’assistenza alle donne vittime di violenza. Per garantire questi servizi durante la pandemia molto è stato fatto a livello locale e nelle Regioni, talora prevedendo percorsi innovativi in grado di migliorare le prestazioni.

La lettura congiunta dei risultati del progetto ISS e delle risposte messe in campo durante la pandemia mostra come i CF siano in grado di garantire attività di prevenzione delle malattie e promozione della salute e siano attori ineludibili per raggiungere le donne in età fertile, i giovani e le famiglie, fra le fasce di popolazione più vulnerabili agli effetti psicosociali della pandemia.

Le esperienze descritte rappresentano un esempio di preparedness che ben risponde al nuovo Piano nazionale della prevenzione 2020-2025 del Ministero della salute.

Alla luce dell’esperienza della pandemia di COVID-19, il Piano punta su una programmazione integrata tra le diverse strutture e attività del territorio e rafforza l’impegno delle politiche sanitarie nella promozione della salute, anche tramite l’empowerment della comunità. I CF corrispondono perfettamente a questa visione.

 

A cura di Laura Lauria1Ilaria Lega1Enrica Pizzi1Serena Donati1Gruppo di lavoro CF e COVID-192

  1. Centro nazionale per la prevenzione delle malattie e la promozione della salute, Istituto superiore di sanità, Roma
  2. Istituto Superiore di Sanità: Serena Donati, Laura Lauria, Ilaria Lega, Enrica Pizzi, Antonio Michele Salvatore, Silvia Andreozzi, Mauro Bucciarelli; APSS di Trento: Caterina Masè, Simona Sforzin, Riccardo Pertile, Vanda Chiodega; Regione Emilia-Romagna: Simona Di Mario, Elena Castelli, Giuseppe Battagliarin; AUSL Bologna: Stefania Guidomei, Marinella Lenzi, Marcella Falcieri; ASL Roma 2: Patrizia Proietti, Simona Marocchini; ASL Napoli 1 Centro: Rosa Papa; ASL TO 3, Collegno (TO): Antonia Giordano; ASL Toscana Centro, Firenze: Valeria Dubini; AULSS 6 Euganea, Padova: Domenico Scibetta, Gianfranco Jorizzo, Pietro Grussu; ASL Napoli 3 Sud: Luigi Granato, Giuseppina Di Lorenzo; ASST Fatebenefratelli-Sacco Milano: Maria Enrica Bettinelli, Nicoletta Pirovano; ATS di Bergamo: Enrica Breda; ASP di Cosenza: Anna Domenica Mignuoli; ASP di Catanzaro: Santina Procopio; Azienda Ospedaliera Pugliese-Ciaccio, Catanzaro: Sandra Papaleo; ASL Cuneo 1: Gianfranco Cilia, Silvia Cardetti, Daniele Nunziato.

 

 

Leggi lo studio integrale pubblicato su Epidemiologia&Prevenzione

menu
menu